Commento alla Sura al-Fatihah (l'Aprente)

 

Commento alla Sura al-Fatihah (l'Aprente)

   

Contenuto della Sura

Il sacro Corano inizia con la frase “Bismillàhi-r-Rahmàni-r-Rahím” [in nome di Allah, il Misericordioso, il Benevolo], la quale compare anche all’inizio d’ogni sura. Sappiamo che il fine ultimo del glorioso Corano è guidare i servi di Dio al bene. Nel quindicesimo e sedicesimo versetto della Sura Al-mà’idah leggiamo: “…Vi sono giunti da Allah una Luce e un Libro Chiaro, con il quale Allah guida sulle Vie della Pace chi segue il Suo consenso…”. Perciò la guida degli uomini [al retto sentiero], che costituisce un’opera importante e fondamentale nella creazione, inizia col sacro nome di Dio, Misericordioso e Benevolo, al Quale fanno ritorno tutte le creature. Tra le sure coraniche, l’Aprente, Al-fàtihah, gode di uno straordinario splendore. Di seguito spiegheremo le ragioni di questa superiorità. Questa sura, dal punto di vista della straordinaria armonia e melodia dei suoni che la compongono, si differenzia notevolmente dalle altre sure del Corano. In effetti, in queste ultime è Dio che parla all’uomo, mentre nell’Aprente il Signore fa parlare gli uomini. In altre parole, in questa sura Allah insegna ai Suoi servi le parole con le quali devono rivolgersi a Lui, con le quali devono pregarLo, invocarLo. Essi possono cosí, con assoluta semplicità e in modo diretto, comunicare e confidarsi con Lui. L’Aprente è il fondamento del sacro Corano. In una tradizione del sommo profeta Muhammad (S) leggiamo: “Giuro su Chi possiede la mia anima, che Allah non ha rivelato nulla di simile ad essa [l’Aprente] nella Torà e nemmeno nel Vangelo, nel Zabur e nel Corano. Essa è la Madre del Libro…”[1]. Questa tradizione c’insegna che il fondamento, l’origine di tutte le virtú è questa sura. In realtà essa espone l’unicità di Dio e dei Suoi attributi, ci fa comprendere che, nel creato, ogni cosa si realizza grazie a Lui, c’insegna che dobbiamo adorare solo Lui e ci ricorda la risurrezione. In altre parole, l’Aprente è un eccezionale compendio degli insegnamenti coranici. Il nobile imam Amiru-l-mu’minin Alí (A) disse: “Tutti i segreti divini sono contenuti nei libri ispirati; ciò che esiste nei libri ispirati esiste nel Corano, ciò che esiste nel Corano esiste nell’Aprente, ciò che esiste nell’Aprente esiste nel ‘Bismillah’ di questa sura, ciò che esiste nel ‘Bismillah’ di tale sura esiste nella sua lettera ‘bà’ e io sono il punto di tale ‘bà’”[2]. Dall’insieme delle tradizioni che sono state narrate a tal proposito è possibile dedurre che la sopraccitata tradizione intende denotare l’eccellenza del Corano, dell’Aprente e della sacra frase “Bismillàhi-r-Rahmàni-r-Rahím”. Nel Corano e nella sua prima frase, “Bismillàhi-r-Rahmàni-r-Rahím”, sono nascoste tutte le scienze, e tocca al Profeta e ai suoi dodici vicari, tra cui il nobile imam Alí, interpretare i sacri versetti di questo celeste Libro. Alí (A) è il Qur’àn Nàtiq [Corano Parlante], che è l’essenza del Verbo Divino, e contiene in sé tutti i concetti contenuti negli altri libri ispirati. Dio, nel Suo Verbo, presenta la Sura della Lode [l’Aprente] come un dono fatto da Dio al sommo profeta Muhammad (S), e dà a essa lo stesso peso del glorioso Corano: “In verità, Noi ti abbiamo donato i ‘Sab´an Mina-l-mathàni’ [l’Aprente] e il grande Corano”[3]. Ritroviamo questo stesso concetto in una tradizione del sommo Profeta (S) narrata dal nobile Alí (A): “In verità, Allah, l’Altissimo, mi ha fatto una speciale grazia dandomi l’Aprente e ha costituito questa sura pari al grande Corano. In verità, l’Aprente è la piú nobile cosa esistente nei tesori dell’Arsh [Trono Divino]…”[4] La recitazione di questa sura, considerata la grande importanza e l’immenso valore che essa ha, è particolarmente raccomandata dalle tradizioni islamiche. In una tradizione del Messaggero di Dio leggiamo: “Ogni musulmano che legge l’Aprente, riceve una ricompensa pari a quella che merita la lettura di due terzi del Corano o a quella di chi fa un dono a tutti i musulmani e a tutte le musulmane”[5] Nei tafàsir [libri di esegesi coranica] sono stati ricordati dieci nomi per questa sura: Fàtihatu-l-kitàb [l’Aprente del Libro], Úmmu-l-kitàb [la Madre del Libro], Úmmu-l-qur’àn [la Madre del Corano], Sab´a-l-mathàni [i Sette Ripetuti], Al-wàfiah [la Sufficiente], Al-kàfiah [la Sufficiente], Ash-shàfiah [la Curante], Al’asàs [il Fondamento], As-sàlah [la Preghiera], Al-hamd [la Lode]. Questi nomi sono stati tutti presi dalle tradizioni islamiche.[6]
   

Commento alla sura al-Fatihah

 

Traduzione

بِسْمِ اللَّهِ الرَّحْمَنِ الرَّحِيمِ﴿1﴾ الحَمْدُ لِلّهِ رَبِّ العَالَمِينَ﴿2﴾ الرَّحْمنِ الرَّحِيمِ﴿3﴾ مالِكِ يَوْمِ الدِّين﴿4﴾ إِيَّاكَ نَعْبُدُ وَإِيَّاكَ نَسْتَعِينُ﴿5﴾ اهْدِنَا الصِّرَاطَ المُسْتَقِيمَ﴿6﴾ صِرَاطَ الَّذِينَ أَنْعَمْتَ عَلَيْهِمْ غَيْرِ المَغضُوبِ عَلَيْهِمْ وَلا الضَّآلِّينَ﴿7﴾

  1. In nome di Allah, il Misericordioso, il Benevolo.
  2. La lode appartiene ad Allah, il Signore delle Creature dell’Universo,
  3. il Misericordioso, il Benevolo,
  4. il Padrone del Giorno del Giudizio.
  5. Te solo adoriamo e a Te solo chiediamo aiuto.
  6. Guidaci sulla retta via,
  7. la via di coloro ai quali hai concesso la grazia, non quella di coloro sui quali è l’ira [Tua] e nemmeno quella dei traviati.
 

Commento

 

Versetto I

بِسْمِ اللَّهِ الرَّحْمَنِ الرَّحِيمِ

«In nome di Allah, il Misericordioso, il Benevolo»

 
Bisogna iniziare ogni cosa in nome di Dio
Gli uomini usano iniziare le proprie attività importanti, le loro grandi opere, in nome delle eminenti personalità, collegando, fin dall’inizio, i propri sforzi ad esse. Tra tutti gli esseri, solo Dio è eterno, ed è dunque necessario iniziare ogni cosa in nome Suo, fare in modo che ogni lavoro, ogni attività goda della Sua attenzione, chiedere, in ogni cosa, il Suo aiuto. È per questo motivo che il Corano inizia con il versetto: “In nome di Allah, il Misericordioso, il Benevolo” Oltre a pronunciare questa sacra frase è necessario anche rivolgere l’anima, il cuore a Dio. In effetti, questo legame spirituale fa sí che l’attività che s’intende svolgere prenda la giusta direzione e rimanga lontana da ogni deviazione, concludendosi cosí con successo. In una tradizione il sommo Profeta (S) dice: “Ogni cosa importante che inizia senza il nome di Allah, è destinata a rimanere incompiuta”[7]. Il nobile imam Alí (A), in un’altra tradizione, dopo aver citato questa frase del Profeta, dice: “Bisogna iniziare ogni cosa che s’intende fare dicendo ‘bismillàh’, ovvero ‘inizio questo lavoro in nome di Dio’. Ogni lavoro che inizia con il nome di Dio è destinato a prosperare, è benedetto”[8] L’imam Alí Bin Músa Ar-ridà (A), a proposito dell’importanza di questa sacra frase, disse: “[La frase] ‘Bismillàhi-r-Rahmàni-r-Rahím’ è piú vicina al Sommo Nome [di Dio], di quanto non lo sia l’iride alla sclera”[9]. In una tradizione del sommo Profeta (S), narrata da Bin Abbàs, leggiamo: «Quando l’insegnante dice al bambino: “Di’ ‘Bismillàhi-r-Rahmàni-r-Rahím’”, e il bambino dice ‘Bismillàhi-r-Rahmàni-r-Rahím’, Dio stabilisce la salvezza del bambino, dei suoi genitori e dell’insegnante [dal fuoco dell’Inferno]”»[10] La sopravvivenza, la durata di un’opera dipende dal rapporto con Dio. È questo il motivo per cui il Signore Eccelso ordina al sommo Profeta (S), nei primi versetti a lui rivelati, di iniziare la sua delicata e importante missione profetica in nome di Dio: “Leggi in nome del tuo Signore…”[11]. Il nobile profeta Noè (A), durante lo spaventoso diluvio [universale], prima di salire sull’arca, disse ai suoi compagni: “E [Noè] disse: ‘Salite su di essa: essa si muove e si ferma in nome di Allah. In verità, il mio Signore è Clemente, Benevolo”[12] Il nobile profeta Salomone (A) iniziò la lettera che inviò alla regina di Sabà con la sacra frase Bismillàhi-r-Rahmàni-r-Rahím’: “Questa lettera viene da Salomone ed è in nome di Dio, il Misericordioso, il Benevolo”[13] È dunque ovvio che le sure del Corano (eccetto la nona) inizino con questa sacra frase, affinché possano contribuire a realizzare, fino alla fine e con assoluto successo, il fine ultimo, che è quello di guidare l’uomo sulla retta via e donargli l’eterna beatitudine. In ogni caso, quando eseguiamo un lavoro appoggiandoci a Dio, la cui forza è superiore a qualsiasi altra forza [o meglio ‘non v’è forza né potenza che in Dio’], ci sentiamo psicologicamente piú forti, siamo piú decisi, ci sforziamo di piú, le difficoltà non sono piú in grado di intimorirci né di scoraggiarci, agiamo con piú devozione e abnegazione. Insomma, per avere successo in ogni attività, bisogna iniziarla ed eseguirla in nome di Dio. Noi non siamo in grado di commentare a sufficienza questo celeste versetto. È noto infatti che il santo imam Alí, per una notte intera, spiegò, a Bin Abbàs, il significato della frase coranica ‘Bismillàhi-r-Rahmàni-r-Rahím’. Il risultato di un’intera notte di precise ed esaurienti spiegazioni, fu l’interpretazione della lettera ‘Bà’ di ‘Bismillàhi-r-Rahmàni-r-Rahím’[14]. Ciò dimostra quanto profondo e pieno di misteri sia il primo versetto del glorioso Corano.  
La frase ‘Bismillàhi-r-Rahmàni-r-Rahím’ fa parte della sura
I sapienti sciiti concordano tutti sul fatto che la frase ‘Bismillàhi-r-Rahmàni-r-Rahím’ fa parte della sura. Lo prova il fatto che nelle copie del Corano troviamo sempre, all’inizio di ogni sura (eccetto la nona) questa sacra frase. Ricordiamo che, dall’epoca del santo profeta Muhammad (S) fino ai nostri giorni, il testo del Corano è rimasto inalterato. Mu´àwiah Bin Ammàr, seguace dell’imam Sadiq (A), dice: “Chiesi all’imam Sadiq: ‘Quando prego, devo forse recitare la frase ‘Bismillàhi-r-Rahmàni-r-Rahím’ all’inizio della Sura della Lode [l’Aprente]?’. L’Imam rispose: ‘Certo!’. Chiesi dunque: ‘Dopo la Sura della Lode, quando voglio recitare l’altra sura, devo forse recitare la frase Bismillàhi-r-Rahmàni-r-Rahím’. Disse: ‘Certo!’”[15] Il sapiente sunnita Dàru Qutni, narra, usando il sanad [catena di trasmissione] del Sahíh, la seguente tradizione del santo imam Alí (A): «Un uomo chiese all’imam Alí (A): “Cos’è l’As-sab´u-l-mathàni [Sette Ripetuti]?”. L’Imam rispose: “La Sura della Lode”. Affermò allora: “La Sura della Lode contiene sei versetti!”. Disse allora l’Imam: “La frase ‘Bismillàhi-r-Rahmàni-r-Rahím’ è uno dei suoi versetti”[16] Oltre a ciò, i musulmani, fino ad oggi, recitando il Corano hanno sempre recitato questa frase all’inizio di ogni sura; abbiamo inoltre moltissime tradizioni che attestano che anche il Profeta faceva altrettanto mentre recitava le sacre sure del Corano. In una tradizione leggiamo : «Fu chiesto al Principe dei Credenti Alí (A): “La frase ‘Bismillàhi-r-Rahmàni-r-Rahím’ appartiene all’Aprente?”. Egli rispose: “Certo! Il Messaggero d’Allah la recitava sempre e la considerava uno dei versetti dell’Aprente; diceva: ‘L’Aprente è l’As-sab´u-l-mathàni [Sette Ripetuti]; essa contiene sette versetti’”»[17]  
«Allah» è il piú completo nome di Dio
Il primo nome che incontriamo nella frase ‘Bismillàhi-r-Rahmàni-r-Rahím’ è ‘ism’ [nome]. Secondo quanto affermano gli esperti di lingua araba questa parola deriva da ‘sumuww’, che significa elevazione. Dunque, il nome viene chiamato ‘ism’ poiché il suo significato, dopo essere stato associato a esso, esce dall’oscurità e si manifesta, s’eleva; oppure a causa del fatto che la parola acquistando significato si distingue dalle parole prive di senso, che possiedono grado e valore inferiore rispetto a quelle dotate di senso. In ogni caso, dopo ‘ism’, in questo versetto, troviamo la sacra parola «Allàh», che è il piú completo dei santi nomi divini. In effetti, esaminando i nomi di Dio contenuti nel glorioso Corano e nelle altre fonti islamiche, comprendiamo che ognuno di essi mostra solo una parte degli attributi divini, contrariamente al nome «Allàh», che è il solo nome che indica tutti gli attributi del Signore Eccelso. È per questo motivo che, per lo piú, gli altri nomi di Dio vengono usati per descrivere il nome «Allàh». Ad esempio, nel versetto “…in verità, Allah è Clemente, Benevolo”[18], la parola ‘Clemente’ [‘Gafúr’], che denota la clemenza divina descrive «Allàh». Lo stesso dicasi per la parola ‘Benevolo’ [‘Rahím’]. Allo stesso modo, il nome ‘Samí´’ [Colui che ascolta], che denota il fatto che Dio conosce tutto ciò che si può udire, e ‘´Alím’ [Colui che sa], che esprime l’onniscienza divina, descrivono «Allàh»: “…in verità, Allah ascolta e conosce [tutto]”[19] ‘Basír’ [Colui che vede] invece denota il fatto che «Allàh» è a conoscenza di tutto ciò che è possibile vedere: “…Allah vede tutto ciò che fate”[20]. ‘Ar-razzàq’ [il Sostentatore], vuole indicare che «Allah» sostenta completamente tutte le Sue creature, e ‘Zu-l-quwwàh’ [Dotato di – infinita – Forza] descrive la Sua onnipotenza: “In verità, Allah è il Sostentatore, Dotato di [infinita] Forza, il Saldo”[21] ‘Al-khàliq’ e ‘Al-bàri`’ descrivono «Allah» come Creatore, mentre ‘Al-musawwir’ indica che è Lui che dà forma a ogni cosa: “Egli è Allah, il Creatore, Colui che dona l’esistenza, Colui che dà forma a tutte le cose. A Lui appartengono i nomi piú belli…”[22] Nel ventitreesimo versetto della Sura Al-hashr [LIX] leggiamo: “Egli è Allah, Colui all’infuori del Quale non v’è altra divinità, il Sovrano, il Sacro, la Pace, il Donatore di Sicurezza, il Protettore, l’Invincibile, il Soggiogatore, il Magnifico…”[23] Una delle chiare prove del fatto «Allah» è il piú completo dei nomi divini, è che, nell’Islam, la fede nell’unicità divina può essere manifestata solo con la frase ‘là ilàha illaLlàh’ [non v’è altra divinità all’infuori d’Allah]. Frasi quali ‘là ilàha illa-l-Alím, illa-l-khàlig, illà-r-Razzàg’ [non v’è altra divinità all’infuori del Sapiente, del Creatore, del Sostentatore] non possono da sole provare la fede nell’unicità divina e nell’Islam. È per questo che i non musulmani dicono Allah per indicare la divinità dei seguaci della religione islamica: solo i musulmani chiamano Dio con il nome Allàh.  
La grazia generale e particolare di Dio
Le parole ‘Ar-rahmàn’ [il Misericordioso] e ‘Ar-rahím’ [il Benevolo] sono aggettivi che derivano dalla radice ‘rahmàh’ [grazia]. Alcuni esegeti del Corano affermano che ‘Ar-rahmàn’ denota una forma di grazia generale, che Dio concede a tutte le Sue creature, siano esse credenti o miscredenti, giuste o ingiuste, buone o cattive. Ad esempio, quando Dio fa scendere la pioggia dal cielo, con essa benefica tutto e tutti. Questa è la grazia generale di Dio, che investe l’intero creato, e tutte le creature godono di essa. La parola ‘Ar-rahím’ indica invece una forma di grazia particolare, riservata ai probi servi del Signore Eccelso. Essi, a causa della loro fede e delle loro rette azioni, sono degni di ricevere una particolare grazia divina, della quale non possono invece godere gli empi e i peccatori. Nel Corano Rahmàn compare sempre in forma assoluta, mentre Rahím compare sia in forma assoluta sia non. Ad esempio, nella Sura della Lode la troviamo in forma assoluta, contrariamente a quanto succede nel seguente versetto: “…Allah è Rahím [Benevolo] con i credenti”[24]. In una tradizione dell’imam Sadiq (A) leggiamo: “Allah è il dio di tutte le cose; è Rahmàn [Misericordioso] con tutte le Sue creature e Rahím [Benevolo] solo con i credenti”[25] Quando intendiamo iniziare un lavoro, una attività in nome di Dio, dobbiamo chiedere al Signore Eccelso di concederci la Sua grazia, sia quella generale sia quella speciale. La Sua grazia generale, al pari della forza d’attrazione universale, lega, avvicina le creature al Creatore. La creatura per legarsi, avvicinarsi al suo Creatore deve dunque giovarsi dell’attributo Ar-rahmàn [il Misericordioso]. I veri credenti iniziano i loro lavori, le loro attività ‘in nome di Dio, il Misericordioso, il Benevolo’, e cercano solamente l’aiuto divino, considerando tutto ciò che è diverso da Lui debole e privo di potere. In ogni caso non bisogna mai dimenticare che l’infinita grazia di Dio benefica ogni creatura. La frase ‘Bismillàhi-r-Rahmàni-r-Rahím’ c’insegna inoltre che gli atti di Dio si fondano sulla grazia, sulla misericordia, sulla benevolenza, e il castigo è un’eccezione che fino a quando non ne vengono a esistere le cause, non viene inflitto. Nella supplica ‘Al-jawshanu-l-kabír’ leggiamo: “O [Tu che sei] Colui la cui grazia supera la Sua ira”. Anche gli uomini devono cercare di essere cosí, devono cioè basare le proprie azioni sulla misericordia e sulla carità. Terminiamo l’interpretazione di questo celeste versetto coranico con una significativa tradizione del sommo profeta Muhammad (S): “In verità, Dio (sia glorificato e magnificato) ha cento [tipi di] grazie; ha fatto discendere una di esse sulla terra e l’ha divisa tra le Sue creature; tutto l’affetto e l’amore che esiste tra gli uomini deriva da essa. Ha invece tenuto le restanti novantanove per Se Stesso; con esse beneficherà i Suoi servi nel Giorno del Giudizio”[26]  

Versetti II e III

الحَمْدُ لِلّهِ رَبِّ العَالَمِينَ - الرَّحْمنِ الرَّحِيمِ

La lode appartiene ad Allah, il Signore delle Creature dell’Universo, il Misericordioso, il Benevolo

 
Solo Dio è degno d’essere lodato
Dopo aver pronunciato la frase ‘Bismillàhi-r-Rahmàni-r-Rahím’, che apre il sacro Corano, il primo dovere dell’uomo è ricordare il Creatore dell’Universo e gli infiniti doni che ha ricevuto da Lui, doni che alimentano l’intera sua esistenza, lo spingono a conoscerLo e lo inducono a adorarLo. In effetti, ogni essere umano, quando riceve un dono, desidera, in modo innato, conoscere immediatamente colui che glielo ha donato e dimostrargli la propria gratitudine. È per questo motivo che i teologi considerano (nella prima questione che affrontano di solito nei loro libri, e cioè le cause che muovono l’uomo a conoscere Dio) questo innato desiderio come uno degli stimoli che spingono l’uomo a conoscere Dio. Diciamo inoltre che i doni di Dio ci guidano a conoscerLo, per il fatto che il migliore e piú completo modo per conoscere l’Origine dell’Universo è studiare le meraviglie, i segreti dell’universo e, soprattutto, i doni di cui gode l’uomo nel corso della sua vita. È forse per questo motivo che nell’Aprente, dopo il versetto ‘Bismillàhi-r-Rahmàni-r-Rahím’, troviamo la frase ‘Al-hamdu lillàhi Rabbi-l´àlamin’ [la lode appartiene ad Allah, il Signore delle Creature dell’Universo]. In altre parole questa frase esprime l’unicità del Creatore, dei Suoi attributi e dei Suoi atti. È possibile che qualcuno si chieda: perché tutta la lode appartiene ad Allah? Facendo attenzione al versetto è possibile trovare una risposta a questa domanda. Infatti, in linea di principio, descrivendo «Allah» con l’aggettivo ‘Rabbi-l´àlamin’ [Signore delle Creature dell’Universo] si vuole dire che la lode appartiene tutta a Dio poiché Egli è il Signore delle Creature dell’Universo. Il glorioso Corano, a proposito del Signore delle Creature dell’Universo dice: “[Allah è] Colui che ha reso perfetto tutto ciò che ha creato…”[27]. Dice altresí: “Non v’è animale sulla terra, cui Allah non provveda il sostentamento…”[28] Dalla parola Al-hamd [la lode], che compare in questo versetto, si può facilmente comprendere che Dio ha creato tutti questi doni, ha concesso questa infinita grazia con la Sua infallibile volontà. Ciò confuta le parole di coloro che dicono che Dio è simile a una stella che è costretta a donare luce ed energia. È inoltre interessante notare che questa sacra parola non serve solo ad iniziare, ma anche a finire. Ce lo insegna il nobile Corano nel seguente versetto (riguardante i beati del Paradiso): “Ivi la loro preghiera sarà: ‘O Allah, tu sei immune da ogni difetto e colpa’, il loro saluto: ‘Pace’ e la loro ultima loro preghiera: ‘La lode appartiene ad Allah, il Signore delle Creature dell’Universo’”[29]. A proposito del dar lode a Dio, il santo imam Sàdiq (A) disse: «Il Messaggero di Dio disse: “Sia lodato Iddio come Egli è degno e merita d’essere lodato”. In verità, quando un devoto servo di Dio dice: “Sia lodato Iddio come Egli è degno e merita d’essere lodato”, gli angeli non riescono a scriverne la ricompensa e Dio dice loro: ‘Perché non avete scritto la ricompensa che il Mio devoto servo si è meritato pronunciando tale frase?’. Gli angeli dicono: “O Signore, noi non conosciamo il grado di questa frase, che parla della lode che Tu meriti e della quale sei degno, per poterla scrivere”. Il Sommo Vero dice allora: “Voi scrivetela e Io provvederò sicuramente a donargli la ricompensa che merita per averMi lodato come Io merito e son degno d’essere lodato”»[30] La parola ‘rabb’ denota invece chi è padrone di una cosa che viene da esso educata e guidata. Questa parola in forma assoluta viene usata solo per indicare Dio; quando invece denota ciò che è diverso da Lui, viene riferita a un complemento. Ad esempio, diciamo ‘Rabbu-d-dàr’ (il padrone della casa) e ‘Rabbu-s-safínah’ (il padrone della barca). In ogni caso la parola ‘rabb’ contiene in sé i concetti di ‘formare’ ed ‘educare’. Nel tafsir ‘Majm´u-l-bayàn’ viene citato un altro significato per questa parola, e cioè: persona eminente i cui ordini vengono ubbiditi. Tuttavia, è possibile che tutti e due questi significati si riferiscano a un unico concetto. L’ultima parola che compare nel secondo versetto dell’Aprente è ‘´àlamin’ che è il plurale di ‘´àlam’ [mondo] che significa: insieme di esseri che hanno in comune tra di loro un particolare attributo, oppure che vivono in un medesimo tempo e luogo. Diciamo, ad esempio, mondo [‘´àlam’] animale, mondo vegetale, oppure mondo occidentale, mondo antico. Concludiamo perciò che la parola ‘´àlam’ denota sempre un particolare insieme d’individui, e quando viene usata al plurale denota tutti i mondi esistenti. L’autore del tafsir ‘Al-manàr’ dice: “In una tradizione dell’imam Sàdiq, che Iddio si compiaccia di lui, leggiamo che con ‘Al´àlamin’ s’intende solo gli esseri umani”. Egli aggiunge: «Anche nel Corano troviamo ‘´àlamin’ con questo significato: “Sia santificato Colui che ha rivelato il ‘Furqàn’ [ciò che distingue il vero dal falso - il Corano] al Suo Servo, affinché sia un ammonitore per gli ‘´Àlamin’”[31] Tuttavia, considerando i casi in cui questa parola compare nel Corano, comprendiamo che nonostante essa assuma in molti versetti il sopraccitato significato [esseri umani], in alcuni casi assume un significato piú ampio, comprendendo sia gli uomini sia le altre creature: “Ad Allah dunque appartiene la lode, Signore dei cieli e Signore della terra, Signore delle Creature dell’Universo”[32]. “Disse Faraone: ‘E che cos’è mai questo Signore degli ´Àlamin’. Disse [Mosè]: ‘Il Signore dei cieli e della terra e di ciò che vi è fra essi…’”[33] È interessante notare che il Sadúq, nell’opera ‘´Uyúnu-l’akhbàr’, narra la seguente tradizione dell’imam Alí (A): «L’Imam (A), commentando il versetto ‘Al-hamdu lillàhi Rabbi-l´àlamin’, disse: “‘Rabbi-l´àlamin’ significa Signore di tutte le creature dell’universo, sia di quelle inanimate sia di quelle animate”[34] È errato pensare che le sopraccitate tradizioni siano in contrasto tra di loro. Infatti, nonostante il significato della parola ‘´àlamin’ sia ampio e si estenda a tutte le creature, siccome l’essere umano eccelle su tutte le altre creature di Dio, a volte, di proposito, si fa riferimento solo ad esso, sottintendendo le altre. Perciò se nella precitata tradizione leggiamo che ‘´àlamin’ significa ‘esseri umani’, è perché l’obiettivo fondamentale di questo immenso insieme di creature è l’uomo. Bisogna inoltre sapere che alcuni hanno  interpretato la parola ‘´àlam’ [mondo] in due modi: mondo [‘´àlam’] maggiore [‘kabír’]  e mondo minore [‘saghír’]. Per mondo minore s’intende l’esistenza umana, poiché essa è, da sola, un insieme di diverse forze che governano questo immenso mondo; in realtà l’uomo è un perfetto campione dell’intero universo. È per questo motivo che Alí (A), il Principe dei Credenti, in una delle sue poesie dice all’essere umano: “Pensi forse d’essere solo una piccola massa di carne?! Sappi però che in te è nascosto il ‘mondo maggiore’, e cioè l’intero universo”[35] La ragione per la quale insistiamo ad attribuire alla parola ‘Al´àlamin’ un significato piú ampio è che essa viene dopo la frase ‘Al-hamdu lillàh’, dimostrandone la verità. In altre parole, bisogna considerare ‘Rabbi-l´àlamin’ [Signore di tutte le creature dell’universo] l’argomento che dimostra la verità della preposizione ‘Al-hamdu lillàh’ [la lode appartiene tutta ad Allah]. Diciamo insomma che tutta la lode appartiene a Lui poiché Egli è il padrone, il signore di ogni virtú e bene dell’universo.  
Dio è Misericordioso e Benevolo
Nell’interpretazione del versetto ‘Bismillàhi-r-Rahmàni-r-Rahím’ abbiamo parlato ampiamente del significato delle due parole Ar-rahmàn e Ar-rahím e della differenza esistente tra di loro. Questi aggettivi esprimono due tra i piú importanti attributi divini. Nelle preghiere quotidiane vengono ricordati almeno trenta volte: due volte nell’Aprente e una volta nella sura che bisogna recitare dopo di essa. In tal modo, ogni giorno nelle nostre preghiere, per almeno sessanta volte lodiamo Iddio ricordando la Sua infinita grazia. Questa è in realtà una lezione capace di indurre tutti gli uomini ad assumere queste divine qualità. Con ciò comprendiamo inoltre che se ci consideriamo servi di Dio non dobbiamo comportarci come si comportavano i crudeli padroni con i loro schiavi. Nella storia della schiavitú leggiamo: “I loro padroni si comportavano con incredibile crudeltà e cattiveria con loro. Si dice infatti che se gli schiavi dimostravano la minima negligenza nell’eseguire i propri doveri venivano duramente puniti, venivano frustati, incatenati, legati ai mulini, messi a lavorare nelle buie miniere sotterranee, imprigionati in terrificanti galere. Quando poi le loro colpe erano maggiori venivano crudelmente impiccati. Gli schiavi condannati a morte, venivano gettati nelle gabbie delle bestie feroci, e quando riuscivano a salvarsi venivano introdotte altre belve nelle gabbie”. Quanto abbiamo ora detto è solo un piccolo esempio del disumano comportamento dei padroni con i loro schiavi. Al contrario, il Signore dell’Universo dice piú volte nel Suo Verbo [il Corano] che se i Suoi servi, dopo avere disubbidito ai Suoi ordini, si pentiranno delle loro colpe, riceveranno il Suo perdono, godranno della Sua misericordia: “Di’: ‘O Miei servi, che avete ecceduto contro voi stessi, non disperate della misericordia divina: in verità, Allah perdona tutti i peccati, Egli è invero il Perdonatore, il Benevolo’”[36] Concludiamo dunque che il Signore citando questi due attributi dopo ‘Rabbi-l´àlamin’, intende dire che Egli è il Signore dell’Universo, l’Onnipotente, e, allo stesso tempo, infinitamente misericordioso e benevolo nei confronti delle Sue creature. Questa infinita grazia che Egli riserva ai Suoi servi, suscita in loro un profondo amore e fa sí che essi ammettano con infinita devozione che Egli è il Misericordioso, il Benevolo. È in questo modo che l’uomo comprende l’infinita differenza esistente tra Dio e le Sue creature, tra il comportamento che Egli ha con esse e i disumani metodi adottati dai padroni con i loro schiavi, soprattutto nella triste era della schiavitú.  

Versetto IV

مالِكِ يَوْمِ الدِّين

il Padrone del Giorno del Giudizio

 
La fede nella risurrezione: la seconda base
A questo punto l’Aprente parla del secondo principio fondamentale dell’Islam, il Giudizio Universale, la risurrezione, affermando che Allah è il Padrone del Giorno del Giudizio. In tal modo, l’uomo acquista totale consapevolezza dell’origine della creazione e della resurrezione, fondamenti che costituiscono la base di ogni progresso morale, di ogni riforma sociale. Abbiamo parlato della signoria divina, che determina il Suo assoluto dominio su ogni cosa e persona nel Giorno del Giudizio, giorno in cui tutti gli uomini dovranno presentarsi dinanzi al loro reale padrone e rispondere dinanzi a Lui delle loro azioni. Nulla verrà dimenticato in quel giorno e l’uomo dovrà rispondere di ogni azione da lui compiuta in questo mondo. Dovrà persino rispondere delle conseguenze di una dottrina, di un’usanza da lui fondata e dagli altri messa in pratica e seguita. Senza dubbio la signoria divina in quel giorno, non sarà un dominio convenzionale, come accade nel nostro caso rispetto alle cose delle quali siamo padroni. In effetti, noi diventiamo padroni di una cosa attraverso contratti e documenti e ne perdiamo la proprietà attraverso altri contratti e documenti. Dio però è realmente padrone, se solo per un istante s’interrompesse il legame esistente tra il Signore e le Sue creature queste s’annienterebbero. È possibile paragonare questo legame a quello esistente tra una centrale elettrica e una lampadina. In altre parole Dio è il padrone assoluto del creato perché ne è il creatore, il sostentatore. È infatti ovvio che Colui che ha creato gli esseri dell’universo, che magnificamente li sostenta, li guida alla perfezione e che, istante per istante, dona loro l’esistenza, è il loro reale padrone e signore. A un livello decisamente inferiore a quello ora citato, notiamo in noi stessi una forma di reale dominio rispetto ai nostri organi. Noi siamo realmente padroni dei nostri occhi, dei nostri orecchi, del nostro cuore, del nostro cervello e dei nostri nervi. Non si tratta di un dominio, di una proprietà convenzionale, è bensí un possesso reale, questi organi dipendono realmente da noi, appartengono veramente a noi. Ci chiediamo ora: perché il versetto dice ‘Padrone del Giorno del Giudizio’, dal momento che Dio è padrone del Creato, Signore dei due Mondi? La signoria divina, nonostante s’estenda ai due Mondi, si manifesta maggiormente nel Giorno del Giudizio. In effetti, in quel giorno verranno rotti tutti i legami materiali e annientati i domini convenzionale; nessuno sarà padrone di nulla e persino le intercessioni dovranno avvenire con il permesso divino: “Giorno in cui nessuno potrà fare nulla per gli altri. In quel giorno deciderà tutto Allah”[37] A volte l’uomo, in questo mondo, soccorre una persona, la difende con le parole, la protegge con i suoi beni, la salva con i suoi compagni e il suo potere, o, a volte, escogitando un espediente la libera da una situazione difficile. Tutto ciò però riguarda esclusivamente questo mondo, poiché nel Giorno del Giudizio non esiste nulla di tutto ciò: “Giorno in cui appariranno e nulla di loro sarà celato ad Allah. A chi apparterrà il dominio in quel giorno? Ad Allah, l’Unico, il Soggiogatore” Credere nella risurrezione e nel Giudizio Universale, in cui sarà valutato con assoluta attenzione l’operato di ogni essere umano, è straordinariamente efficace nell’impedire all’uomo di compiere azioni indegne, di cadere nella corruzione e nel peccato. Uno dei motivi per i quali la preghiera protegge chi la esegue dalla corruzione e dal peccato è che essa ricorda all’orante sia l’Origine, che conosce ogni sua azione, sia il giorno in cui dovrà rispondere delle proprie azioni dinanzi al proprio Signore. Ricordare che Dio è l’assoluto padrone del Giorno del Giudizio risulta inoltre molto efficace nel combattere le credenze dei politeisti e di coloro che negano la risurrezione. In effetti, dai versetti coranici si può facilmente dedurre che la fede in Dio è sempre stata una credenza comune; persino per i politeisti dell’era preislamica. È per questo motivo che quando veniva chiesto loro: “Chi è il creatore dei cieli e della terra?”, dicevano: “Dio”. A tal proposito il sacro Corano dice: “Se domandi loro: ‘Chi ha creato i cieli e la terra?’, diranno sicuramente: ‘Allah’”[38] Tuttavia i politeisti rimanevano fortemente stupiti dinanzi alle parole del sommo Profeta (S) riguardo alla questione della resurrezione: “E quelli che sono diventati miscredenti dicono: ‘Volete forse che vi mostriamo un uomo che vi dirà che, quando sarete stati completamente dispersi, rinascerete a nuova creazione? Ha forse mentito riguardo ad Allah, o è matto?’. No, quelli che non credono nell’aldilà sono [destinati a incorrere] nel castigo [divino] e nel lontano traviamento”[39] In una tradizione leggiamo che il quarto Imam (A) quando arrivava con la recitazione al versetto ‘Maliki Yawmiddin’ [Padrone del Giorno del Giudizio], lo ripeteva cosí tante volte da andare vicino alla morte.[40] La parola ‘Yawmiddin’ compare piú di dieci volte  nel sacro Corano e ha sempre il significato di ‘Giorno del Giudizio’, com’è, ad esempio, possibile chiaramente riscontrare negli ultimi versetti della LXXXII sura di questo celeste libro. Ma perché quel giorno è chiamato Giorno del Giudizio? Quel sacro giorno è il giorno della resa dei conti: saranno premiati i probi e castigati i peccatori. In quel giorno tutto diventerà manifesto e le azioni di ognuno verranno attentamente valutate: i retti andranno in Paradiso e i peccatori dovranno subire le tristi conseguenze dei loro peccati. A tal proposito il nobile imam Sadiq (A) disse: “Il Giorno del Giudizio è il giorno della resa dei conti”[41] Alcuni esegeti del sacro Corano affermano che la ragione per la quale il Giorno del Giudizio è chiamato Yawmuddin[42], è che in quel giorno ognuno verrà giudicato in base alla propria religione [‘din’].  

Versetto V

إِيَّاكَ نَعْبُدُ وَإِيَّاكَ نَسْتَعِينُ

Te solo adoriamo e a Te solo chiediamo aiuto

 
L’uomo al cospetto del Signore Onnipotente
A questo punto della sura iniziano le suppliche, le preghiere del servo di Dio. In effetti, nei versetti precedenti si loda ed esalta il Signore, si manifesta a Lui la propria fede nel Giorno del Giudizio. D’ora in poi però il servo di Dio, dopo averLo lodato e averGli confessato la propria fede, si presenta al Suo cospetto e, con tono umile e dimesso, Gli manifesta la sua devozione: “Te solo adoriamo e a Te solo chiediamo aiuto” In altre parole, quando l’uomo comprende profondamente il significato dei precedenti versetti e si convince del fatto che Egli è l’assoluto padrone del Giorno del Giudizio, il Misericordioso, il Benevolo, la sua anima viene invasa dalla luce divina e la sua fede diventa perfetta. I primi frutti di questa profonda fede monoteista sono, da una parte, la devozione e la virtú e, dall’altra, la fiducia in Dio. Insomma, i primi quattro versetti parlano dell’unicità di Dio e dei Suoi attributi, mentre il quinto esprime il fatto che bisogna adorare solo Lui, ubbidire solo a Suoi ordini e sottomettersi solo al Suo volere. Questo versetto c’insegna inoltre che Egli è la causa di tutte le cause. Si faccia attenzione che con ciò non si vuole negare l’esistenza delle altre cause e dire che non esiste altra causa all’infuori di Dio, si vuole solamente dire che ogni fattore è dotato d’effetto a causa Sua. È a causa Sua che il fuoco produce calore, brucia, è grazie a Lui che il sole è in grado di illuminare i corpi ed è Lui che ha reso l’acqua una straordinaria fonte di vita. Questa pura fede spinge l’uomo ad avere fiducia solo in Dio, considerare tutta la forza e la potenza derivante da Lui e vedere debole, limitato e perituro tutto ciò che è diverso da Lui. Solo il Signore è degno di essere lodato, solo in Lui bisogna confidare, solo il Suo aiuto bisogna cercare. Questo credo rende l’individuo indipendente da ogni creatura e lo lega unicamente al Creatore. La persona dotata di una tale convinzione quando si giova di una causa, di una forza, vede in essa il Signore Eccelso, la Causa delle Cause. Questa convinzione eleva lo spirito e il pensiero dell’essere umano, lo porta all’infinito, all’eternità e lo libera da ogni vincolo. A tal proposito l’imam Alí disse: “Io non Ti adoro né per paura del Tuo fuoco né per desiderio del Tuo paradiso, Ti credo invece degno d’essere adorato e perciò Ti adoro”[43] Il fatto che i verbi ‘na´budu’ e ‘nasta´in’ compaiano al plurale dimostra che il fondamento del culto divino, soprattutto la preghiera, si basa sulla congregazione. Il servo di Dio deve unirsi ai propri fratelli di fede persino quando si presenta al cospetto di Dio per prestarGli atto di culto e confidarsi con Lui; è dunque ovvio che deve fare ciò in tutte le altre attività della propria vita. In effetti, l’Islam e il Corano condannano ogni forma di isolamento. Nella preghiera, questo invito all’unione e alla congregazione è particolarmente chiaro ed evidente. La frase ‘hayya ala-s-salàh’ dell’azan, che ricorda ai credenti che è giunta l’ora di eseguire il sommo dovere, la Sura della Lode e il saluto finale contengono in sé uno straordinario invito alla comunione, alla congregazione. L’Islam, pur accettando la preghiera compiuta da soli, la considera di minore valore, dando invece grande importanza a quella compiuta in congregazione.  
Dio è capace di difenderci da ogni forza ostile
In questo sterminato universo l’uomo deve lottare con svariate forze interne ed esterne. Egli per potere vincere le forze e i fattori che tendono a danneggiarlo e deviarlo dal retto sentiero ha certamente bisogno d’essere aiutato da un essere invincibile e onnipotente. Il servo di Dio cerca l’aiuto del Signore Onnipotente e, ogni giorno, mattina e sera, ripetendo piú volte il sacro versetto ‘Te solo adoriamo e a Te solo chiediamo aiuto’, riconosce, al cospetto di Dio, la propria inferiorità, chiede il Suo aiuto per vincere le forze che tendono a danneggiarlo e deviarlo dalla retta via. Beato colui che raggiunge un tale grado di fede e devozione. Una tale persona non si piega di fronte ai tiranni e agli oppressori, non si fa soggiogare dalle proprie passioni, e, al pari del santo Profeta dell’Islam (S), dice: “In verità la mia preghiera, il mio culto, la mia vita e la mia morte appartengono ad Allah, Signore delle Creature dell’Universo”[44] Recitando questo nobile versetto è inoltre possibile superare ogni difficoltà, risolvere ogni problema. Uno dei compagni del sommo Profeta (S) dice: “Io accompagnai il Profeta (S) in alcune spedizioni. In una di esse, quando il nemico stava per avere la meglio, il Messaggero di Dio alzò gli occhi al cielo e disse: “O Padrone del Giorno del Giudizio, Te solo adoriamo e a Te solo chiediamo aiuto”. Vidi allora i nemici perdere terreno, rimanere sconfitti e soccombere dinanzi al Profeta e ai musulmani, che, alla fine, vinsero la battaglia”[45]. In un’altra tradizione leggiamo: “Ogni volta che il credente si trova in difficoltà e recita il versetto ‘Te solo adoriamo e a Te solo chiediamo aiuto’, [viene soccorso da Dio e] riesce a superare ogni ostacolo”[46]  

Versetto VI

اهْدِنَا الصِّرَاطَ المُسْتَقِيمَ

Guidaci sulla retta via

 
È necessario seguire la retta via
Dopo essersi sottomesso al Signore, averGli manifestato la propria devozione e chiesto il Suo aiuto, la prima cosa che il credente chiede al suo Signore è d’essere guidato da Lui sulla retta via, la via del bene e della virtú, la via della giustizia e della fede. Non si può poi negare che solitamente un tale individuo, in tali condizioni, ubbidisce sempre a Dio e Gli rimane devoto; è tuttavia possibile che a causa di determinati fattori s’allontani dal retto sentiero e, a lungo andare, cada in perdizione. È per questo motivo che ogni giorno deve chiedere piú volte a Dio di guidarlo sulla retta via. Non bisogna inoltre dimenticare che la retta via, che non è altro che la vera religione, possiede diversi gradi; i livelli superiori sono destinati a coloro che possiedono gradi spirituali piú elevati. Il credente deve quindi chiedere a Dio di guidarlo ai piú elevati livelli di questo luminoso sentiero. Perché noi chiediamo costantemente a Dio di guidarci sulla retta via? Ci siamo forse allontanati dalla retta via? Ammesso pure che ciò sia vero nel nostro caso, che bisogno avevano il Profeta e gli Imam, che erano esseri umani perfetti, di chiedere costantemente a Dio di essere guidati sul retto sentiero? Come abbiamo già detto, l’uomo, per quanto probo sia, corre sempre il rischio di allontanarsi dalla retta via ed è per questo motivo che deve sottomettersi al Signore e chiederGli continuamente d’essere guidato sul giusto sentiero. Non dobbiamo infatti dimenticare che il Signore Benevolo, istante per istante, ci dona l’esistenza e tutto ciò di cui abbiamo bisogno per vivere. In precedenza abbiamo detto che noi e le altre creature divine siamo come delle lampade che vengono alimentate da una centrale elettrica. La centrale elettrica per mantenere accesa la lampadina gli fornisce istante per istante l’energia di cui ha bisogno per funzionare. Allo stesso modo, l’esistenza dell’intero creato, che sembra continua e indipendente da ogni causa, è, istante per istante, frutto della costante grazia che il Signore fa alle Sue creature. Concludiamo quindi che se è vero che tutti noi, istante per istante, dobbiamo la nostra esistenza al Sommo Vero, è a maggior ragione vero che abbiamo continuamente bisogno della Sua guida per non cadere in perdizione. Dobbiamo quindi continuamente chiedere al Signore Eccelso di indicarci il sentiero della verità e di non abbandonarci mai a noi stessi. Bisogna inoltre tenere presente che la retta via è la via che porta gradualmente l’uomo a eliminare i suoi difetti e a raggiungere la perfezione; tale via non ha limiti, è infinita. Non bisogna dunque stupirsi quando i Profeti e gli Imam chiedono a Dio d’essere guidati sulla retta via, la via della perfezione, la via che porta a Dio. In effetti, solo il Signore è dotato d’assoluta perfezione e tutto il resto è in continua evoluzione. È dunque normale che eccezionali esseri umani come i Profeti e gli Imam preghino Iddio per ricevere da Lui la retta guida. Non inviamo forse salawàt [benedizioni] al sommo Profeta e alla sua immacolata Famiglia? Mandare salawàt al Profeta non significa forse chiedere a Dio di concedere nuova e maggiore grazia al profeta Muhammad e alla sua immacolata Famiglia? Il Messaggero di Dio non recitava forse la seguente supplica coranica “O Signore accrescimi in sapienza”[47]? Il sacro Corano non dice forse: “Allah accresce coloro che sono sulla retta via in retta guida…”[48]? E dice altresí: “E [quanto a] coloro che seguono la retta via, [Allah] li accresce in retta guida e dona loro il proprio timore di Dio”[49] Quanto abbiamo detto risponde alla domanda inerente alla salawàt al sommo Profeta e alla sua immacolata Famiglia [la pura Fatima e i dodici nobili Imam]. Con la salawàt, in realtà, chiediamo a Dio di donare loro una stazione spirituale piú alta di quella che hanno. Per chiarire maggiormente quanto abbiamo ora detto, citiamo i seguenti due hadith. Alí (A), il Principe dei Credenti, commentando il sesto versetto della Sura della Lode, disse: “[O Signore,] continua a concederci il Tuo appoggio, con il quale Ti abbiamo ubbidito in passato, affinché noi possiamo ubbidirti anche in futuro”[50] L’imam Sadiq (A) disse: “[O Signore], mantienici sulla via che porta al Tuo amore, che giunge al Tuo Paradiso, che ci evita di seguire le nostre passioni, le quali ci uccidono, che ci evita di agire secondo le nostre opinioni, le quali ci rovinano”[51]  
Cos’è la retta via?
Da quanto è possibile dedurre studiando i  versetti del sacro Corano, la ‘retta via’ non è altro che la vera religione di Dio: “Di’: ‘In verità, io sono stato guidato dal mio Signore alla retta via, una salda religione, la fede di Abramo, [il quale fu sempre] seguace della verità e non fu mai politeista”[52] Questo versetto identifica la retta via con la vera e solida religione, con la pura fede di Abramo, con l’assoluto rifiuto di ogni forma di politeismo. Tuttavia, nella Sura Ya Sin leggiamo: “O figli di Adamo, non mi ero forse fatto promettere da voi di non adorare Satana – ché, in verità, egli è vostro dichiarato nemico – e di adorare [solo] Me? Questa è la retta via!”[53] Il primo versetto vede la retta via dal punto di vista della fede, mentre i due sopraccitati versetti della Sura Ya Sin presentano la retta via sotto l’aspetto del culto e della pratica, e cioè il rifiuto di ogni atto empio e di ogni forma di deviazione. Il sacro Corano, nella Sura della Famiglia di Imràn (versetto 101), ci insegna che per arrivare alla retta via bisogna rinsaldare il proprio rapporto con il Signore Eccelso: “E chi si afferra ad Allah è sicuramente guidato alla retta via” È necessario ricordare che la retta via, è sempre unica: tra due punti passa sempre una sola retta, che costituisce il piú breve cammino tra i due punti. Perciò, se il santo Corano identifica la retta via con la vera religione divina, è perché essa è il piú breve sentiero che porta a Dio. Quanto abbiamo detto dimostra chiaramente che non esiste che una religione: “In verità, la religione, presso Allah, è l’Islam…”[54] È poi questo il motivo per cui il sublime Corano dice: “Questa è la Mia retta via! Seguitela dunque, e non andate per altre strade: esse vi distolgono dal Mio sentiero…”[55] Piú avanti vedremo che la parola ‘Islam’ ha un significato piú ampio di quello comunemente conosciuto, e può essere usata per indicare ogni autentica religione monoteistica inviata da Dio agli uomini. Da quanto abbiamo detto risulta chiaro che le diverse interpretazioni che gli esegeti hanno dato della retta via, in realtà, fanno tutte ritorno a un unico fondamento. Alcuni hanno detto che la retta via è l’Islam e la pura fede monoteistica, altri l’hanno identificata con il Corano e altri ancora con il Profeta e i nobili Imam (pace su di loro), ma tutti questi significati fanno ritorno alla pura e vera religione del Signore Eccelso. Parimenti, le tradizioni islamiche riguardanti questo argomento, ognuna delle quali affronta un aspetto differente del problema, fanno tutte ritorno a un unico principio. Il santo Profeta dell’Islam disse: “La retta via è la via dei Profeti, gli stessi ai quali Dio ha concesso la grazia”[56] Il nobile imam Sadiq, commentando il versetto “Guidaci sulla retta via”, disse: “[La retta via è] la via e la conoscenza dell’Imam”[57]. In un’altra tradizione di questo puro Imam leggiamo: “Giuro su Dio che la retta via siamo noi”[58] In un altro hadith del sesto imam leggiamo: “La retta via è Alí, il Principe dei Credenti”[59] Ahmad Bin Muhammad Bin Ibrahim Ath-tha´labiyy dice che Abú Buraydah Aslamiyy, uno dei compagni del sommo Profeta, ha narrato la seguente tradizione: “La retta via è la via di Muhammad e della Famiglia di Muhammad”[60] Non v’è dubbio che la via dell’Ahlu-l-bayt è la via retta e giusta, che, se percorsa, porta alla salvezza e alla beatitudine eterna. Abbandonare questa via, deviare da essa significa cadere in rovina. Bin Al-mughàziliyy e altri fedeli narratori degli hadith dell’Ahlu-l-bayt, narrano la seguente tradizione del santissimo profeta Muhammad: “La mia ahlubayt [Alí Fatima e gli undici nobili imam da loro discendenti] è come l’Arca di Noè: chiunque salí su di essa si salvò, chi invece l’abbandonò perí”[61]. Sunniti e sciiti hanno inoltre narrato la seguente tradizione: “In verità, io lascio tra di voi due preziose cose: il Libro di Dio e i miei Parenti, la mia ahlubayt [Alí Fatima e gli undici nobili imam da loro discendenti]. Se v’atterrete a esse non vi travierete mai”[62]. Questa tradizione prova chiaramente la nostra tesi. Come abbiamo già detto, è certo che il santo Profeta, il nobile imam Alí e gli altri purissimi imam dell’Ahlu-l-bayt, invitavano la gente alla vera e autentica religione monoteistica, e il loro invito comprendeva tutti gli aspetti riguardanti la fede e la pratica religiosa, ed era in grado di portare la gente al culmine delle proprie capacità, al massimo grado di spiritualità e virtú. Tra l’altro, è bene sapere che abbiamo due tipi di guida divina: genetica e legislativa. La guida genetica è svolta dall’intelletto che distingue il bene dal male, l’utile dal dannoso, la beatitudine dalla dannazione, il buono dal cattivo. Esso è, in realtà, un “profeta” interiore! Quanto invece alla guida legislativa, essa si realizza attraverso l’invio di messaggeri, la rivelazione di libri celesti e la disposizione di precetti da parte del Signore Eccelso. Attraverso essi Dio indica all’uomo tutto il bene di questo mondo e dell’aldilà, e lo mette in guardia da tutto ciò che lo minaccia in questa vita e in quella ultraterrena. Chiunque accetti la loro guida, sarà degno di ricevere i doni  e i premi dell’aldilà, quali la perfezione dell’anima, la sapienza, la somma virtú, raggiungendo la beatitudine dei due mondi e godendo dell’infinita grazia divina. Questi sono i fondamentali mezzi attraverso i quali Allah guida l’uomo sulla retta via e lo salva dalla perdizione.  

Versetto VII

صِرَاطَ الَّذِينَ أَنْعَمْتَ عَلَيْهِمْ غَيْرِ المَغضُوبِ عَلَيْهِمْ وَلا الضَّآلِّينَ

la via di coloro ai quali hai concesso la grazia, non quella di coloro sui quali è l’ira [Tua] e nemmeno quella dei traviati

 
Due deviazioni dalla retta via
Questo versetto costituisce, in realtà, una chiara interpretazione della “retta via”. L’orante, a ogni preghiera, chiede a Dio di guidarlo al sentiero di coloro ai quali Egli ha concesso la grazia, la guida, la sapienza, la devozione, la virtú, il martirio, e non al sentiero di coloro che, a causa dei loro peccati e della loro insana fede, sono stati colpititi dalla Sua ira, e nemmeno a quello di coloro che hanno abbandonato la retta via e che si sono traviati. In realtà, siccome noi non abbiamo una perfetta conoscenza della retta via, Dio, in questo versetto, ci ordina di chiederGli la via, il sentiero dei Profeti, dei probi e di quelli ai quali Egli ha concesso la Sua grazia. Questo versetto ci avverte che noi siamo costantemente minacciati da due deviazioni: l’errore di “coloro sui quali è l’ira [Tua]”, e la deviazione dei “traviati”.  
Chi sono quelli ai quali Dio ha concesso la grazia?
Il 69° versetto della Sura delle Donne afferma: “Coloro che obbediscono ad Allah e al Messaggero, ebbene, essi saranno con quelli ai quali Allah ha concesso la grazia: i Profeti, i sinceri, i martiri e i probi. Che buoni amici sono questi!” Probabilmente, con ciò il sacro Corano vuole dire che per costruire una società sana, evoluta e pia, è prima necessario che le guide divine e i profeti abbiano modo di svolgere la loro missione celeste, e dietro di loro ci siano dei sinceri nunzi che realizzino gli obiettivi dei Profeti in ogni luogo. In seguito a ciò, è poi possibile che gli empi e i nemici della verità si ribellino, e si renda necessario l’intervento dei credenti per fermarli, e, di conseguenza, alcuni cadano martiri sul sentiero di Dio. Il risultato di questi sforzi è infine la comparsa di gente proba in una società pura e piena di spiritualità. Concludiamo dunque che noi, ogni giorno, recitando la Sura della Lode, chiediamo a Dio la via di questi quattro gruppi, ed è ovvio che dobbiamo sempre appartenere a uno di essi, e contribuire cosí a realizzare i santi obiettivi dei Profeti.  
Chi sono quelli sui quali è l’ira di Dio? Chi sono i traviati?
Il fatto che il sacro Corano cita separatamente questi due gruppi, significa che ognuno di essi denota un particolare gruppo di persone. A tal proposito esistono tre diverse interpretazioni. 1) Analizzando l’uso che il sacro Corano fa di queste due espressioni, deduciamo che “coloro sui quali è l’ira [Tua]” esprime una maggiore deviazione rispetto all’espressione “i traviati”. In altre parole, “i traviati” esprime una deviazione normale dalla retta via, mentre l’altra espressione viene usata per indicare coloro che, oltre a essere traviati, sono anche ostinati e ipocriti. È per questo motivo che, nel nobile Corano, in molte occasioni, Dio si adira contro di loro e li maledice: “…ma quelli che hanno aperto il proprio petto alla miscredenza, ebbene, su di loro è l’ira di Allah”[63]. “Dio punisce gli ipocriti e le ipocrite, i politeisti e le politeiste, che hanno cattiva opinione di Allah. Che la sventura si abbatta su di loro! Allah s’è adirato contro di loro, li ha maledetti e ha preparato per loro l’Inferno: che triste fine!”[64]. In ogni caso, “coloro sui quali è l’ira [Tua]” sono quelle persone che oltre a essere traviate e miscredenti, combattono ostinatamente contro la verità e ostacolano i profeti e le guide divine. Nel 112° versetto della Sura della Famiglia d’Imràn leggiamo: “Sono incorsi in collera [proveniente] da Allah e su di loro è stata impressa la miseria: smentivano i segni di Allah e uccidevano ingiustamente i profeti; essi hanno disubbidito, essi trasgredivano” 2) Alcuni esegeti del Corano sostengono che l’espressione “i traviati”  indica i cristiani traviati, mentre “coloro sui quali è l’ira [Tua]” indica i giudei traviati. Questa interpretazione è dovuta alla particolare posizione assunta da cristiani e giudei di fronte all’invito dell’Islam. In effetti, come afferma anche il sacro Corano in diversi versetti, i giudei traviati dimostravano una particolare ostilità nei confronti dell’Islam, nonostante all’inizio i loro sapienti ne fossero stati i nunzi. Purtroppo però, dopo un breve periodo, per effetto delle deviazioni, per il timore di perdere la propria posizione e i propri utili, sono diventati i piú accaniti nemici dell’Islam e del suo profeta. Hanno ostacolato con tutti i mezzi a loro disposizione lo sviluppo e la crescita della neonata religione islamica e dei suoi fedeli, nello stesso modo in cui oggi il sionismo internazionale ostacola e combatte l’Islam. Concludiamo dunque che l’espressione “coloro sui quali è l’ira [Tua]” si addice a questa gente. Quanto invece ai cristiani traviati, la cui posizione nei confronti dell’Islam era differente, essi sono stati chiamati “traviati” per il fatto che hanno accettato la Trinità, abbandonando cosí la vera fede monoteistica, che consiste nell’adorazione del Dio Unico. Questa è dunque una delle peggiori forme di traviamento. Per concludere, ricordiamo che anche le tradizioni islamiche usano le espressioni “coloro sui quali è l’ira [Tua]” e “i traviati” per indicare rispettivamente i giudei e i cristiani traviati. 3) È anche possibile che “i traviati” indichi quelle persone che sono uscite dalla retta via, ma che non cercano di deviare il resto della gente, mentre l’espressione “coloro sui quali è l’ira [Tua]” indica quei traviati che impiegano tutte le loro forze per traviare anche il resto della gente. A tal proposito, nel sedicesimo versetto della Sura della Consultazione leggiamo: “E coloro che disputano riguardo ad Allah dopo che è già stato accettato [il Suo invito da coloro che si sono convertiti all’Islam], il loro argomento è privo di valore per il loro Signore; su di essi è [la Sua] ira e loro avranno un duro castigo” Riguardo a questo argomento sono state narrate anche altre interpretazioni, tra le quali ricordiamo la seguente tradizione del santo imam Alí (A): “Chiunque nega Dio viene colpito dalla Sua ira e s’allontana dalla Sua via”[65] In un’altra tradizione il santissimo Profeta dice: “I seguaci di Alí (A) sono quelli ai quali Tu hai concesso il dono della wilàyah [amore, amicizia] di Alí Bin Abitàlib (A), [sono quelli] sui quali non è l’ira [Tua] e che non sono traviati”[66] O Signore, non ci colpire con la Tua ira e salvaci dal traviamento. Fai di noi dei veri musulmani, degli autentici credenti, dei sinceri seguaci dell’Ahlu-l-bayt. O Signore, guidaci sempre sulla retta via! Noi Ti ringraziamo per questo sommo dono e diciamo: sia lodato Iddio per avere fatto di noi dei seguaci dell’imam Alí e degli altri purissimi Imam.    
[1] Majma´u-l-bayàn 1: 17.
[2] Tafsíru Makhzanu-l’irfàn 1: 28. Masàbihu-l’anwàr 1: 435.
[3] Corano XV: 87.
[4] Tafsíru-l-burhàn 1: 26. Masàbihu-l’anwàr 1: 435.
[5] Majma´u-l-bayàn 1: 17.
[6] Tafsír Abu-l-futúh Ràzi.
[7] Bihàru-l’anwàr 76: cap.58. Tafsíru-l-bayàn 1: p. 461.
[8] Ibid.
[9] Majma´u-l-bayàn 1: 18.
[10] Majma´u-l-bayàn 1: 18.
[11] Corano XCVI: 1.
[12] Corano XI: 41.
[13] Corano XXVII: 30.
[14] Makhzanu-l’irfàn 1: 28.
[15] Ul’usul min Al-kafi 3: 312.
[16] Al’itgàn 1: 136.
[17] Atiyabu-l-bayàn 1: 93.
[18] Corano II: 226.
[19] Corano II: 227.
[20] Corano IL: 18.
[21] Corano LI: 58.
[22] Corano LIX: 24.
[23] Corano LIX: 23.
[24] Corano XXXIII: 43.
[25] Al-kàfi, At-tawhíd (Sadúq), Ma´àni-l’akhbàr (secondo quanto narra il Tafsíru-l-mizàn dell’allàmah Tabàtabài)
[26] Majma´u-l-bayàn 1: 21.
[27] Corano XXXII: 7.
[28] Corano XI: 6.
[29] Corano X: 10.
[30] Manhaju-s-sàdiqin 1: 105.
[31] Corano XXV: 1.
[32] Corano XLV: 36.
[33] Corano XXVI: 23 e 24.
[34] Tafsiru Nuru-th-thaqalayn 1: 17.
[35] Il Diwàn di Alí Bin Abi Tàlib, pag. 175.
[36] Corano XXXIX: 53.
[37] Corano LXXXII: 19.
[38] Corano XXXI: 25.
[39] Corano XXXIV: 7 e 8.
[40] Tafsiru Nuru-th-thaqalain 1: 19.
[41] Majma´u-l-bayàn 1: 24.
[42] ‘Yawm’ significa ‘giorno’ e ‘din’ significa ‘giudizio’. È bene pero sapere che ‘din’ ha anche il significato di religione.
[43] Bihàru-l’anwàr 72: 186.
[44] Corano VI: 162.
[45] Kanzu-l’ummàl 4: 360
[46] Tafsiru Manhaju-s-sàdiqin 1: 114.
[47] Corano XX: 114.
[48] Corano XIX: 76.
[49] Corano XLVII: 17.
[50] Ma´àni-l’akhbàr e il Tafsir dell’Imam Al´askariyy (secondo quanto narra il tafsir Sàfi, commentando il sopraccitato versetto).
[51] Ibid.
[52] Corano VI: 161.
[53] Corano XXXVI: 60 e 61.
[54] Corano III: 19.
[55] Corano VI: 153.
[56] Tafsiru-n-nuru-th-thaqalayn 1: 20 (hadith n. 86).
[57] Tafsiru-n-nuru-th-thaqalayn 1: 21 (hadith n. 88, 89, 94).
[58] Ibid.
[59] Ibid.
[60] Bihàru-l’anwàr 24: pag. 16. Manhaju-s-sadiqin 1: 116.
[61] Bihàru-l’anwàr 23: pag. 124.
[62] Ihqàqu-l-haqq 9: 309.
[63] CoranoXVI: 106.
[64] Corano XLVIII: 6.
[65] Tafsiru-s-sàfi 1: 74.
[66] Ma´àni-l’akhbàr, pag. 32, hadith n. 8. Tafsiru Furàtu-l-kufiyy 1: 52.    

Estratto da “La Luce del Corano”, esegesi del sacro Corano, tomo I.