GLI ANNI PRECEDENTI L'EMIGRAZIONE
GLI ANNI PRECEDENTI L'EMIGRAZIONE
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Il ritorno degli emigrati dall'Abissinia Quando le misure d'interdetto imposte dai Quraysh ai musulmani furono annullate e gli Hashemiti furono liberi d'avere rapporti commerciali con gli altri cittadini di Mecca, la notizia della pace tra Muhammad e i Meccani giunse anche agli emigrati in Abissinia. Questi avevano un gran desiderio di tornare alle loro case e quindi accolsero la notizia con grande gioia. Di conseguenza, ventinove emigrati tra i più ansiosi di tornare a casa, tra cui 'Uthman misero fine al loro esilio e tornarono alla Mecca. Era il decimo anno della Missione. Essi, però, dovettero constatare che le cose non erano affatto cambiate, ma erano rimaste uguali a come le avevano lasciate al momento dell'esilio. Così chiesero la protezione di alcuni Meccani degni di fiducia e vissero a Mecca fino a quando il Profeta ordinò loro di emigrare a Medina. Altri immigrati ritornarono dall'Abissinia nel quinto anno dell'emigrazione. Quanto a Ja'far ibn Abi Talib e ad una ventina di suoi parenti, essi non tornarono che nel settimo anno dell'Emigrazione, quando il Profeta era impegnato nella guerra contro i Giudei di Khaybar. La morte di Abu Talib All'età di cinquant'anni, nel decimo anno della Missione, qualche mese dopo l'annullamento del bando, il Profeta perse il suo amato zio Abu Talib, il quale morì alla veneranda età di 87 anni. Questo zio l'aveva nutrito durante la sua infanzia, educato in giovinezza, l'aveva fatto vivere in un ambiente familiare confortevole quando era cresciuto, l'aveva protetto e difeso fermamente contro il gran numero dei suoi nemici. Muhammad sentì molto di questa perdita. Il comportamento di Abu Talib verso suo nipote Muhammad, descritto nelle pagine precedenti, così come certi suoi versi ancora conservati, provano, secondo Abul-Fida', che Abu Talib aveva creduto in Muhammad e l'aveva riconosciuto come il vero Profeta di Dio e che aveva creduto e riconosciuto la sua religione come la migliore di tutte le religioni dell'universo. Non vi è dubbio che Abu Talib morì davvero da credente, con la professione di fede islamica sulle labbra. I versi che seguono, tra quelli che gli sono attribuiti, provano chiaramente la sua fede in Muhammad: "Io credo che la fede di Muhammad sia la migliore di tutte le religioni dell'universo. Non vedete che noi abbiamo in Muhammad un Profeta come Mosè? Egli già fu predetto nelle antiche Scritture. A lui è proprio il viso illuminato dell'intermediario per la caduta della pioggia[1]; egli è una fonte per gli orfani e un protettore per le vedove. Gli uomini hanno avuto conoscenza delle sue meritorie virtù e non hanno potuto trovargli un uguale nell'umanità. Umile, virtuoso, saggio e prudente, non gli è indifferente Colui che lo ama. Per esaltarlo, Egli fece derivare il suo nome dal Suo: così, se il Signore del Trono si chiama Mahmud, Egli l'ha chiamato Muhammad". L'Anno del dolore Di lì a poco Muhammad ebbe a soffrire di un'altra ancor più dolorosa perdita. Soltanto tre giorni dopo la morte di Abu Talib, la sua amata moglie Khadija esalò l'ultimo respiro lasciando dietro di sé la sua unica figlia Fatima. La sua scomparsa lasciò Muhammad inconsolabile, visto il suo profondo attaccamento alla defunta. Muhammad pianse a calde lacrime sulla sua tomba e indossò l'abito del lutto per lei e per Abu Talib. E' per questo che quell'anno fu chiamato l'Anno del Dolore. Khadija era stata un potente sostegno alla causa di suo marito, e la sua benefattrice. Ella, prima di chiunque altro, aveva accettato la verità della sua Missione Divina ed aveva creduto in lui quale Profeta di Dio. Muhammad l'aveva trattata con grande rispetto ed era stato ricambiato con la più grande stima da parte di lei. E' in questo mutuo rispetto che essi avevano goduto della loro vita coniugale durante venticinque anni. Egli serbò fino alla morte il ricordo della sua bontà e della sua fede solida e la riconobbe come una delle quattro donne dalla fede perfetta attraverso le quali Dio si era degnato di benedire questa terra; si tratta di Asiya, la moglie di Faraone, Maryam, la madre di 'Isa (Gesù), Khadija, la moglie di Muhammad, e Fatima, sua figlia e sposa di 'Ali ibn Abi Talib. Il Profeta a Ta'if Dopo la morte delle due persone che maggiormente avevano sostenuto Muhammad, i Quraysh divennero più malvagi e minacciosi che mai. Il Profeta s'accorse che la sua posizione alla Mecca diveniva sempre più insostenibile. Così si decise a cercar rifugio altrove. Partì allora, insieme al suo liberto Zayd, alla volta di Ta'if, una delle roccaforti dell'idolatria, situata a 120 km a est della Mecca, e dove l'immagine di pietra di Al-Lat, coperta di gemme e gioielli, era oggetto d'adorazione. Il Profeta vi predicò le sue dottrine per una settimana. Gli adoratori dell'idolo che Muhammad denunciava ne furono molto irritati e lo gettarono fuori dalla città, tramortito e sanguinante, dopo averlo inseguito e lapidato fino a che egli non si era rifugiato in un vigneto cintato di proprietà di un nobile meccano. Profondamente scoraggiato dalle maniere brutali degli abitanti di Ta'if, Muhammad decise di tornarsene a Mecca. Alcuni jinn abbracciano l'Islam Sulla via del ritorno, egli sostò una notte a Nakhla dove, mentre recitava dopo le abituali preghiere alcuni versetti coranici, un gruppo di sette o nove jinn diretti nello Yemen passarono di là. Essi furono colpiti dalla melodia e dall'eccellenza delle parole della recitazione; presenziarono dunque col Profeta e ne accettarono la dottrina. Giunti alla loro meta, la diffusero fra il loro popolo, che abbracciò l'Islam. "Ricorda quando ti abbiamo mandato un gruppo di jinn perché ascoltassero il Corano. Giunti sul posto dicevano gli uni agli altri: "Tacete! Ascoltate!", e alla fine tornarono al loro popolo ad ammonirlo e dissero: "O popolo nostro! In verità, abbiamo sentito leggere un Libro rivelato dopo quello di Mosè, che conferma i Libri precedenti e guida tutti alla verità e alla Retta Via. O popolo nostro! Rispondete all'araldo di Dio e credete in lui, affinché Dio vi perdoni le vostre colpe e vi salvi da un castigo doloroso. Chi poi non risponderà all'araldo di Dio non ridurrà certamente Dio all'impotenza sulla Terra: egli non avrà patroni all'infuori di Lui e sarà in evidente errore". (Corano 46, 29-32) Il Profeta torna alla Mecca All'alba Muhammad si rimise in marcia verso la Mecca ed una volta arrivato alla montagna di Hira si fermò ed inviò Zayd a negoziare con qualche concittadino amico la loro protezione, poiché egli non poteva avventurarsi in quella città dove il suo ritorno rischiava di essere indesiderabile per gli altri e pericoloso per lui. Dopo lunghe trattative, Zayd riuscì finalmente ad assicurarsi l'aiuto di Mut'im ibn 'Adi, uno di quelli che si erano schierati con Abu Talib per ottenere l'annullamento dell'interdizione imposta agli Hashemiti. Così Mut'im ibn 'Adi uscì ad incontrare Muhammad, gli offrì la sua protezione e lo condusse nella sua propria casa alla Mecca. Ormai il Profeta poteva apparire in pubblico soltanto durante il periodo della Tregua, cioè nei mesi di Rajab e Dhul-Hijjah, e predicare la dottrina della sua Fede sia ai pellegrini che ai Meccani. Abu Lahab e Abu Jahl, i nemici inveterati di Muhammad e della sua Fede, lo seguivano e lo contraddicevano. Essi piazzarono dei Qurayshiti sulle strade dei pellegrini per metterli in guardia da Muhammad, presentandolo come un pericoloso mago. Il matrimonio con 'Aisha Dopo la morte di Khadijia, a cui era molto affezionato, Muhammad appariva cupo ed afflitto. Abu Bakr, che cercava il modo per dimostrargli la sua amicizia, non si lasciò sfuggire questa occasione insperata per provare a consolarlo. Così gli offrì in sposa sua figlia 'Aisha. Dietro le sollecitazioni insistenti e suadenti di Abu Bakr, Muhammad finì per acconsentire al matrimonio. Questo fu un chiaro atto di lungimiranza da parte di Abu Bakr. Sull'esempio di Abu Bakr, anche 'Umar desiderò avere una influenza simile nella vita coniugale del Profeta; più avanti finirà per dargli in sposa sua figlia Hafsa. Gli uomini di Medina abbracciano l'Islam L'undicesimo anno della Missione del Profeta, mentre egli predicava ad Aqaba, tra Mina ed 'Arafat, sei Khazrajiti di Yathrib (Medina), giunti alla Mecca per compiervi il pellegrinaggio, l'ascoltarono attentamente e pazientemente, conoscendo così i principi fondamentali della fede di Muhammad ed i suoi sentimenti. Essi furono colpiti dalla veridicità delle sue parole e di conseguenza abbracciarono l'Islam. Al loro ritorno a Yathrib, diffusero la dottrina dell'Islam tra il loro popolo e parlarono della loro conversione alla fede di Muhammad, prodigandosi in lodi alla sua sincerità, al suo carattere santo, al suo amore fraterno, alla sua condotta pacifica e alla sua personalità amabile. Il primo giuramento di 'Aqaba L'anno seguente, nel dodicesimo anno della Bi'thah (Missione), altre sette persone, dopo aver ascoltato il racconto dei primi sei convertiti, spinte dalla curiosità, lasciarono Yathrib per la Mecca, in compagnia di cinque di coloro che avevano abbracciato l'Islam l'anno precedente. Essi fecero visita al Profeta nello stesso luogo, ad 'Aqaba, e furono molto contenti dei suoi insegnamenti. Così abbracciarono la sua Fede e gli giurarono di non riconoscere altra divinità se non l'Onnisciente, l'Onnipresente ed Unico Signore, Allah, di obbedire ai comandamenti del Messaggero di Dio consistenti nell'osservare scrupolosamente le preghiere e condurre una vita senza peccato, ovvero di non commettere adulterio, né fornicazione, né infanticidio, né furto, e astenersi dalla calunnia e dalla diffamazione. Questo giuramento è passato alla storia come il Primo Giuramento di 'Aqaba. Questi dodici uomini, dopo aver giurato fedeltà al Profeta e alla sua Fede, ritornarono a Yathrib, a circa 410 km a Nord della Mecca, dove iniziarono a predicare l'Islam. Due discepoli del Profeta, Mus'ab ibn 'Umayr, un nipote di Hashim, e 'Abdullah ibn Umm Maktum, furono inviati insieme ad essi per insegnare il Corano e le dottrine fondamentali dell'Islam. Questi predicatori furono incaricati di informare il Profeta dei risultati dei loro sforzi, in quello stesso luogo durante il mese del pellegrinaggio dell'anno successivo. Il Mi'raj La Moschea di al-Aqsa a Gerusalemme Il dodicesimo anno della Missione, quando Mohammad aveva appena terminato le preghiere della notte nella casa di sua cugina Umm Hani, figlia di Abu Talib, e mentre gli abitanti della Mecca già dormivano, l'Angelo Gabriele gli apparve davanti e lo condusse alla Ka'aba. Là, lo fece montare su un cavallo chiamato Buraq e lo condusse al Masjid al-Aqsa. Dopo avervi diretto la preghiera in assemblea con un gruppo di Profeti precedenti, Muhammad inforcò di nuovo il suo cavallo e fu trasportato nei cieli dove gli furono mostrate le bellezze del Paradiso e gli orrori dell'Inferno. Egli, tra le Luci Celesti, ricevette da Dio nuovi precetti e comandamenti, tra cui l'ordine per la sua Umma di compiere cinque preghiere quotidiane obbligatorie, e vide il suo nome iscritto, con quello di 'Ali, nella Professione di Fede musulmana (Shahada): "Non vi è altra divinità che il Dio Unico, Muhammad è il Suo Profeta ed 'Ali sua Mano Destra" (1). "Gloria a Colui che ha fatto viaggiare di notte il Suo servitore dalla Moschea Sacra al Masjid al-Aqsa di cui Noi abbiamo benedetto il recinto, e ciò per mostrare alcuni dei Nostri Segni. Dio è Colui che tutto ascolta e osserva". (Sura Bani Isra'il, 17, 1) La diffusione dell'Islam a Medina La terra di Yathrib si rivelò davvero fertile per l'Islam. Mus'ab ibn 'Umayr aveva iniziato presto, subito dopo il suo arrivo a Yathrib, a predicare pubblicamente la nuova religione del Profeta Muhammad; egli, grazie all'assistenza e all'esempio degli altri dodici predicatori di questa Fede, riuscì ad ottenere un grande successo. La gente, che già attendeva un inviato promesso dalle Scritture, identificò in Muhammad il Profeta atteso allorquando sentirono parlare di lui e delle sue dottrine. Molti non tardarono ad abbracciare l'Islam. Usayd ibn Huzayr, un nobile di questa città, e Sa'd ibn Mu'az, il principe della tribù degli Aws, furono le prime importanti personalità a convertirsi, ed il loro esempio fu seguito da tutte le grandi famiglie della loro tribù, conosciute come Bani 'Abd al-Ashhal. Anche Abu Qays e la maggior parte del suo clan, si convertirono un po' più avanti. Il secondo giuramento di 'Aqaba L'anno seguente, tredicesimo della Missione, nel mese di Dhul-Hijjah, nei giorni delle grandi celebrazioni alla Mecca, 73 uomini e due donne tra i convertiti degli Aws e dei Khazraj di Yathrib accompagnarono Mus'ab ibn 'Umayr alla Mecca, viaggiando con una carovana di tre o cinquecento pellegrini guidati dal loro capo Ibn Ubay. Appena giunti alla Mecca, essi si recarono dal Profeta, gli presentarono il loro più sincero omaggio e gli comunicarono il desiderio di tornare insieme a lui a Yathrib. L'invito era un regalo inatteso, una benedizione del Cielo, in un momento in cui i Quraysh, fallito il loro tentativo di arginare i progressi della religione di Muhammad e di bloccare la sempre maggiore influenza che i musulmani avevano un po' dappertutto, cominciavano a progettare il ricorso alla violenza aperta e persino all'assassinio del Profeta. Era dunque imprudente per lui di restare ancora a lungo alla Mecca. Per valutare la proposta dei convertiti di Yathrib, si fissò un nuovo incontro ad 'Aqaba nella terza notte, ovvero la notte dopo il Sacrificio. Recandosi all'incontro, il Profeta si fece accompagnare da suo zio 'Abbas, che era allora il capo della famiglia ed il protettore ufficiale di Muhammad, e che osservò in silenzio lo svolgersi dell'incontro. Gli Yathribiti si impegnarono a proteggere il Profeta dai suoi nemici e da ogni il pericolo. Essi vollero in cambio che il Profeta desse la sua parola che qualora fosse stato reclamato dagli abitanti della sua città natale, egli non avrebbe abbandonato i suoi nuovi alleati. Egli promise che ormai sarebbe stato come uno di loro (e chiese di essere considerato tale), legato da legami d'interesse, d'onore e di sangue. Quindi essi chiesero quale sarebbe stata la loro ricompensa se fossero stati uccisi al servizio di questa causa. A questa domanda il Profeta rispose che il Paradiso sarebbe stata la ricompensa di tutti coloro che fossero morti in difesa del Profeta sul cammino dell'Islam. Tutti furono ampiamente soddisfatti delle risposte del Profeta e rinnovarono il loro giuramento di alleanza e di fedeltà. Ciascuno dei convenuti andò a stringere la mano del Profeta. Quest'avvenimento è conosciuto nella storia come il Secondo Giuramento di 'Aqaba. Avendo constatato la serietà degli Yathribiti e con quanta devozione avessero aderito alla causa di Muhammad, 'Abbas trasferì loro solennemente l'incarico della protezione di Muhammad a Yathrib. Essendo stato confermato unanimemente il patto, l'Emigrazione del Profeta a Yathrib fu definitivamente decisa. Malgrado l'estrema segretezza da cui furono avvolti i negoziati di 'Aqaba, che si erano svolti a notte fonda, una spia dei Quraysh aveva ascoltato le conclusioni dell'incontro ed andò a raccontare tutto. Il Profeta disse: "Non temetelo! Egli è il nemico di Allah". A questo punto, l'assemblea si sciolse. Il mattino seguente, quando gli Yathribiti partirono per tornare nella loro città, la carovana fu inseguita dai Meccani, ma l'inseguimento fu infruttuoso. I Meccani paventarono seriamente le conseguenze degli accordi di 'Aqaba e s'allarmarono nel vedere che Muhammad intesseva rapporti di amici ed alleanza al di fuori della loro portata. La Dichiarazione di Fraternità Fu allora che il Profeta radunò i suoi seguaci meccani e stabilì tra ciascuno di essi un legame di fraternità. Così Abu Bakr e 'Umar furono uniti da questo vincolo alla stregua di due fratelli; Hamza divenne fratello di Zayd ibn Haritha. Alla stessa maniera, un legame fraterno venne stabilito fra 'Uthman e 'Abd el-Rahman, Zubayr e Ibn Mus'ud, 'Ubayda ibn Harith e Bilal; Talha e Sa'id ibn Zayd, Mus'ab ibn 'Umayr e Sa'd ibn Abu Waqqas, Abu 'Obayda e Salim. Il Profeta riservò la sua fraternità ad 'Ali. [1] Un giorno, durante l'infanzia di Muhammad, Abu Talib l'aveva portato con sé alla Ka'aba in occasione di una siccità. Egli, sollevando Muhammad, gli chiese di essere intermediario nelle sue preghiere presso l'Onnipotente affinché Egli facesse piovere. Muhammad si unì alle sue preghiere con il viso rivolto verso l'alto. Prima che le preghiere finissero, le nubi cominciarono ad addensarsi e la pioggia cominciò a cadere a dirotto. E' a quest'avvenimento che il verso fa allusione.
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