Storie del Bihar-ul'Anwar
Storie del Bihar-ul'Anwar
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Storie del Bihar-ul'Anwar
(a cura di Mustafà Milani Amin)
La preghiera del sommo Profeta (S) per la sua immacolata Famiglia (Ahlulbayt)
Ummu Salamah [una delle mogli del santo Messaggero d'Allah] dice: “Un giorno Fatima andò, assieme agli imam Hassan e Hussain, dal sommo Profeta, portando con sé un po’ di harirah [un dolce preparato con la farina di riso] per il nobile Messaggero. Quando entrarono, il santo Profeta disse a Fatima: ‘Di’ a tuo cugino di venire da me’, e quando Alí Bin Abitaalib si presentò, il santo Profeta fece sedere l’imam Hassan sulla sua destra, l’imam Hossain sulla sua sinistra, e Alí e Fatima davanti e dietro di sé, dopodiché, coprendoli con il proprio mantello khaybarita, ripeté per tre volte la seguente supplica: ‘O Dio, questa è la mia famiglia [ahlu bayt], allontana dunque da essa il dubbio e il peccato, e purificali di perfetta purificazione’. Io, ferma sulla soglia, dissi: ‘O Messaggero d’Allah, appartengo anch’io alla tua famiglia?’, ed egli rispose: ‘Il tuo ritorno è al bene, ma non appartieni a essa’. Dopodiché discese l’arcangelo Gabriele, portando con sé un piatto contenete dell’uva e del melograno del Paradiso; quando il nobile Messaggero prese in mano quei frutti, essi iniziarono a santificare Allah, ed egli ne assaggiò un po’. I frutti vennero poi dati nelle mani di Hassan e Hussain, e accadde la stessa cosa: iniziarono a dire subhana-l-Lah, e anche questi due nobili imam ne mangiarono un po’. Vennero poi dati anche ad Alí, e anche in questo caso santificarono Iddio, e anche questo nobile imam ne mangiò un po’. Entrò dunque uno dei compagni del sommo Profeta, e volle mangiare di quei frutti, al che l’arcangelo Gabriele disse: ‘Non mangia di questi frutti se non il Profeta, il vicario del Profeta, o il figlio [la figlia] del Profeta’”{Bihaaru-l’anwaar, vol. 17, pag. 359, narrato dall’opera Al-kharaa’ij wa-l-Jaraa’ih (Raawandiyy), vol. 1, pag. 48}
Il viaggio a Damasco
Quando Abu Taalib decise di partire per Damasco, [Muhammad,] il [futuro] Messaggero d’Allah prese le briglie del suo cammello e disse: “O zio, a chi m’affidi, non ho né madre né padre”, al che Abu Taalib pianse portò il nobile Muhammad con sé. Durante il viaggio, ogni volta che faceva caldo, appariva una nuvola e faceva ombra sopra il nobile Muhammad. Arrivarono dunque all’eremo di un monaco cristiano, chiamato Bahiraa (*), il quale, appena vide che la nuvola si muove sul nobile Muhammad, scese dal proprio eremo, gli preparò un cibo, e glielo offrí. Abu Taalib e i suoi compagni di viaggio entrarono nell’eremo del monaco, e misero il [futuro] Messaggero d’Allah a curare I loro oggetti e le loro merci. Quando Bahiraa vide che quella nuvola era ferma sulla testa di Muhammad e gli faceva ombra, chiese: “È forse rimasto qualcuno della carovana che non sia venuto qui, nell’eremo?”; dissero: “No, nessuno all’infuori di un bambino che abbiamo lasciato a curare le nostre merci”. Bahiraa: “Non è bene che ci sia qualcuno che non mangi del mio cibo, chiamatelo!”. Quando fu chiamato, e si diresse verso l’eremo, la nuvola si mosse assieme a lui, facendogli ombra. Bahiraa: “Chi è questo bambino?” Dissero: “È il figlio di Abu Taalib” Bahiraa: “Abu Taalib, questo è tuo figlio?” Abu Taalib: “Questo è il figlio di mio fratello” Bahiraa: “Cosa è successo a suo padre?” Abu Taalib: “È morto ancora prima che questo bambino nascesse” Bahiraa: “O Abu Taalib, riporta questo bambino nel suo paese, poiché, se i giudei lo riconoscessero, come l’ho riconosciuto io, lo ucciderebbero. Sappi che il suo rango è elevato, ed egli è il profeta di questo popolo, che insorgerà con la spada” (*) Bahiraa, il cui vero nome era Jorjis, figlio di Abi Rabi´ah, era un monaco cristiano che ebbe una lunghissima vita.{Bihaaru-l’anwaar, vol. 15, pag. 27, narrato dall’opera Kamaalu-d-din (del celebre Saduq), pag. 187}
Gli Alberi del Paradiso
Un giorno il profeta dell’Islam disse: «Dio pianterà un albero in Paradiso per chiunque dirà ‘subhànallah’. Dio pianterà un albero in Paradiso per chiunque dirà ‘Alhamdu lillàh’. Dio pianterà un albero in Paradiso per chiunque dirà ‘la ilàha illallàh’. Dio pianterà un albero in Paradiso per chiunque dirà ‘Allàhu akbar’». A questo punto un uomo appartenente alla tribú dei Quraish disse: “O Messaggero d’Allah, in tal caso avremo molti alberi in Paradiso, poiché noi recitiamo continuamente queste sacre frasi”. L’Inviato di Dio disse: «Sí, è proprio cosí! Badate però di non bruciarli col fuoco del peccato, poiché Iddio dice: “O credenti, ubbidite Allah e il Suo Inviato, e non annullate le vostre buone azioni”»{Biharu-l-anwar: vol. VIII, pag. 186; vol. XCIII, pag. 168}
Il miglior desiderio
Rabi´ah, figlio di Ka´b, dice: «Un giorno il Profeta di Dio mi disse: “O Rabi´ah, sono sette anni che mi stai servendo. Non vuoi alcuna ricompensa da me?”. Io risposi: “O Messaggero d’Allah, concedimi del tempo affinché io rifletta a questo proposito”. L’indomani mi recai dall’Inviato di Dio; egli mi disse: “O Rabi´ah, fai la tua richiesta”. Io dissi: “Chiedi a Dio di farmi entrare in Paradiso con te”. Il Profeta disse allora: “Chi ti ha suggerito di farmi questa richiesta”. Risposi: “Nessuno, tuttavia ho pensato che se chiedessi beni materiali essi sarebbero in ogni caso destinati a perire; allo stesso modo, se chiedessi una lunga vita e dei figli, alla fine ci sarebbe lo stesso la morte [a dividermi da queste cose]”. A questo punto il Profeta abbassò per un istante la testa, dopodiché disse: “Farò quello che mi hai chiesto, tu però aiutami eseguendo molte prosternazioni e pregando di piú”{Bihar: vol. LXIX, pag. 408}
Lo scherzo del Profeta
Una donna anziana, che amava andare in Paradiso, venne dal Profeta. Egli disse alla vecchietta: “Le donne anziane non vanno in Paradiso”. Ella se n’andò dunque piangendo. Balàl, l’Abissino, la vide mentre piangeva e chiese: “Perché piangi?”. La donna disse: “Piango perché il Profeta ha detto che le donne anziane non vanno in Paradiso”. Balal andò allora dal Profeta e lo informò dello stato d’animo della donna. Il Profeta disse: “Nemmeno gli individui di pelle nera vanno in Paradiso”. Balal si rattristò, si sedette accanto alla vecchietta e iniziò a piangere anche lui. Venne quindi Abbas, lo zio paterno del Profeta, vide Balal e la donna che piangevano e chiese loro: “Perché piangete?”. I due gli riferirono ciò che il Profeta aveva loro detto. Abbas venne dal Profeta e gli raccontò la vicenda. Quest’ultimo disse all’anziano zio: “Neanche gli uomini anziani vanno in Paradiso”. Anche Abbas rimase fortemente sconvolto e rattristato. Il sommo Profeta chiamò allora quelle tre persone, le allietò e disse: “Dio introdurrà i beati in Paradiso donando loro un volto giovane e fulgido e con in testa una corona, non come anziani e nemmeno con il volto scuro o brutto”{Bihar: vol. CIII, pag. 84}
Non sottovalutate i vostri peccati minori!
In uno dei suoi viaggi, il Messaggero d’Allah, assieme ad alcuni dei suoi compagni, in una terra arida, priva d’acqua e vegetazione, scese e ordinò ai suoi compagni: “Raccogliete un po’ di legna” I compagni del Profeta dissero: “O Messaggero d’Allah, questa è una terra arida e deserta, e in essa non v’è legna” Il sommo Profeta disse: “Ognuno di voi, raccolga quanta legna può”. I compagni del Profeta si sparsero, e ognuno di loro riuscí a portare con sé un po’ di legna, e dopo aver versato la propria parte, si raccolse, davanti al sommo Profeta, una grande quantità di legna. Il Mesaggero d’Allah disse allora: “I peccati minori sono come questi piccoli pezzi di legno, inizialmente non si notano, ma quando si raccolgono l’uno sull’altro, formano una grande quantità” Dopodiché disse: “O compagni, astenetevi anche dai peccati minori, anche se essi non vi sembrano molto importanti. Sappiate tuttavia che qualsiasi cosa cerchiate, desideriate, tutto quello che fate nella vostra vita, e tutto ciò la cui influenza rimane dopo la morte, viene tutto annotato dai “Ricercatori” (*), e un giorno vedrete che quegli stessi peccati minori hanno formato una grande quantità di colpe” (*) Due angeli chiamati “Raqib” e “Atid”, che vigilano costantemente su ognuno di noi esseri umani, registrando e annotando tutte le nostre azioni, quelle buone e quelle cattive.La preghiera della pioggia
Quando le tribú arabe s’accordarono tra di loro per molestare e tormentare il sommo Profeta, il quale le maledí, e chiese ad Allah di colpire duramente le tribú nemiche e punirle con la carestia, come accade all’epoca del profeta Yusuf [Giuseppe]. Ebbene, Allah esaudí la preghiera del sommo Profeta, e non piovve per ben sette anni, e la stessa Medina fu colpita da carestia. Le tribú mandarono allora uno dei loro uomini dal sommo Profeta a chiedergli aiuto. L’inviato delle tribú disse al nobile Messaggero d’Allah: “I nostri alberi, le nostre erbe si sono essiccate! Nelle mammelle e nei seni delle nostre bestie e delle nostre donne, non è rimasta nemmeno una goccia di latte! Abbiamo perso tutto il nostro bestiame!” Il santo profeta Muhammad salí allora sul pulpito, e, dopo aver lodato Iddio, iniziò a recitare la preghiera della pioggia, e mentre ancora pregava iniziò a piovere, e piovve per una settimana. Piovve cosí tanto da estenuare la gente di Medina, la quale dissero al nobile Profeta: “O Messaggero d’Allah, abbiamo paura d’annegare, e temiamo che le nostre case vadano distrutte”. Fu cosí che il santo Profeta si rivolse al cielo e disse: “O Allah, fai scendere la pioggia sui dintorni di Medina, e non su di noi”, e ogni parte verso cui faceva segno si svuotava di nuvole, e cosí il cielo di Medina ritornò sereno, e le nuvole si riunirono intorno alla città, ove la pioggia continuò a scendere.Sia privato (d’ogni bene) Abu Lahab, e perisca!
Bin Abbas dice che un giorno il Messaggero d’Allah salí sul Monte Safaa, e gridò: “Yaa Sabaahaah” (*), riunendo cosí i Quraysh, che gli dissero: “Cos’è successo?”, ed egli disse: “Se vi avessi dato la notizia che stanotte, o domani mattina, avreste subito un attacco dal nemico, mi avreste creduto?”, “Certo!”, dissero. Il sommo Profeta disse allora: “Io vi metto in guardia dal duro castigo che v’attende!” Abu Lahab disse: “Morte a te! Ci hai riuniti qui per questo?” Fu cosí che Allah, l’Altissimo, rivelò la sura “Tabbat Yadaa Abi Lahab Wa Tabb” [sura CXI], che dice: “Sia privato d’ogni bene Abu Lahab, e perisca! I suoi averi e ciò che ha guadagnato non gli gioveranno. Entrerà presto in un fuoco dalle alte fiamme, e brucerà, e sua moglie, quella portatrice di legna, [avrà] al suo collo una corda di fibre di palma” Abu Lahab era figlio di Abdu-l-muttalib, il nobile nonno del sommo Profeta. Sua moglie, Ummu Jamil, figlia di Harb, e sorella dell’empio Abu Sufiyaan. Spargeva spine e cespugli davanti al Profeta, nella speranza che egli, andando alla Moschea Sacra (Masjidu-l-haraam), si ferisse. (*) Nell’era preislamica, dell’Ignoranza (Jahiliyyah), le tribú arabe iniziavano a farsi guerra di mattina; perciò, quando una delle tribú subiva un attacco, per annunciare il pericolo a tutta la tribú e riunirne tutti i componenti per la difesa, si gridava: “Yaa Sabaahaah”. Il sommo Messaggero d’Allah con questo stesso usuale metodo riuní i Quraysh per annunciare loro la sua elezione a profeta.L’umiltà del Profeta (S)
Il sommo Profeta, in viaggio assieme a un gruppo dei suoi compagni, ordinò che si macellasse un montone. Un uomo disse: “Ci penso io a sgozzarlo”, un altro: “Io mi offro di scuoiarlo”, e un altro ancora: “Io invece m’incarico di cucinarne la carne”. A questo punto, il sommo Profeta disse: “Io allora penso a far legna”, al che, i compagni dissero: “O Messaggero d’Allah, ci pensiamo noi a raccogliere la legna, non vogliamo che tu ti scomodi”. Il santo Profeta disse allora: “Lo so, tuttavia non amo distinguermi da voi! In verità, il Signore Eccelso detesta che il Suo servo si distingua dai suoi compagni”{Bihaaru-l’anwaar, vol. 76 (ed. Iran), vol. 73 (ed. Beirut), pag. 273, narrato dal Makaarimu-l’akhlaaq, pag. 252.}
La sapienza merita d’essere premiata
Un giorno un Arabo venne dall’imam Husain e disse: “O figlio del Profeta, io sono in debito di una diah [somma di denaro che la persona che ha provocato la morte di un Musulmano deve pagare ai parenti di quest’ultimo] e non sono in grado di pagarla. Ho pensato di chiedere questa somma alla piú nobile persona e nessuno mi è sembrato piú generoso dei membri della famiglia del Profeta. L’Imam disse: “O fratello arabo, ti proporrò tre quesiti: se risponderai esattamente a uno di essi ti darò una somma pari a un terzo del tuo debito, se ne risolverai due avrai due terzi del denaro che mi hai chiesto, mentre se li risolverai tutti e tre ti darò l’intera somma. L’Arabo disse: “O figlio del Profeta, una persona [sapiente ed eminente] come te pone quesiti a uno come me?!”. L’Imam disse: “Sí, poiché ho sentito mio nonno, il Messaggero di Dio, dire: ‘La carità dev’essere fatta nella misura della conoscenza’”. L’Arabo disse allora: “Se è cosí, chiedi quel che vuoi, se saprò risponderò, se no imparerò da te. Non v’è potenza che in Dio!”. L’imam Husain disse quindi: “Qual è la migliore azione?”. L’Arabo rispose: “La fede in Dio”. L’Imam chiese nuovamente: “Cos’è che salva l’uomo dalla rovina”. Rispose: “Confidare in Dio”. Chiese ancora: “Cos’è che gli dona bellezza?”. Rispose: “La sapienza accompagnata dall’azione”. L’Imam disse: “E se non la possiede?”. Disse: “La ricchezza accompagnata da generosità”. “E se non la possiede” insistette l’imam Husain. “La povertà accompagnata da pazienza e sopportazione” rispose l’Arabo. “E se non la possiede?”, concluse l’Imam. A questo punto l’uomo disse: “Possa in tal caso discendere del fuoco dal cielo e bruciarlo. In effetti, una tale persona si merita un simile castigo!”. L’Imam sorrise. Gli diede quindi una borsa contenente mille dinari d’oro e il proprio anello, la cui pietra ne valeva duecento, e disse: “Dai questi dinari ai tuoi creditori e usa questo anello per acquistare ciò che ti è necessario per vivere”. L’Arabo prese i soldi e l’anello e recitò il seguente versetto: “Dio sa meglio di chiunque altro dove porre [a chi affidare] la Sua missione”. [Corano VI: 124]{Biharu-l-anwar: vol. XLIV, pag. 196}
L’imam Husain e l’uomo bisognoso
Un beduino bisognoso venne a Medina e chiese alla gente chi fosse la piú generosa persona della città; tutti gli indicarono l’imam Husain. L’Arabo lo vide nella moschea mentre stava pregando e gli fece la sua richiesta recitando i seguenti versi: “Fino ad ora chiunque ha sperato nel tuo aiuto non è tornato indietro deluso, chiunque ha mosso il battente della tua porta non è uscito da essa a mani vuote. Tu sei generoso e degno di fiducia. Tuo padre era l’uccisore degli empi. Se voi non c’eravate dall’inizio, noi saremo incorsi nel fuoco dell’Inferno”. Egli recitava la sua poesia e l’Imam pregava; quando terminò la propria preghiera, tornò a casa e disse al suo servitore Gambar: “È avanzato qualcosa dei beni dell’Hijaz”. Gambar rispose: “Sí, sono rimasti quattromila dinari”. L’imam Husain disse allora: “Porta quel denaro. È venuta una persona che merita piú di noi di possederli”. Si tolse il manto dalle spalle, lo stese per terra, vi versò il denaro e lo avvolse adeguatamente per non far vergognare l’uomo. Tirò fuori la mano dalla fessura della porta e diede il denaro all’uomo bisognoso; recitò dunque i seguenti versi: “Prendi questi dinari e perdonami! Devi infatti sapere che io sento compassione per te e se oggi avessi potuto disporre di ciò che mi spetta di diritto ti avrei dato di piú. Il destino però, con le sue alterazioni, è stato crudele con noi e oggi le nostre tasche sono vuote”. L’Imam con questa poesia voleva scusarsi con lui di non avergli potuto dare di piú. L’Arabo prese i soldi e iniziò a piangere dalla gioia. L’imam Husain chiese allora: “Perché piangi! Consideri forse poco quello che ti abbiamo dato?”. Disse: “Piango al pensiero che un giorno queste generose mani possano essere sepolte sotto terra”{Bihar: vol. XLIV, pag. 190}
Un pugno della terra di Karbalà
Harthamah dice: «Tornavamo con Alí dalla battaglia di Siffin. Quando arrivammo a Karbalà, egli si fermò ed eseguí una preghiera. Dopodiché prese un pugno di terra, l’annusò e disse: “Ah! O terra, in verità, da te sorgeranno uomini che entreranno in Paradiso senza alcuna difficoltà”». Quando Harthamah tornò da sua moglie, che era una seguace d’Alí, gli raccontò questa vicenda e chiese sorpreso: “Come fa Alí a sapere ciò?”. Harthamah dice: «Dopo alcuni anni Ubaidullah Ibni Ziad mandò un’armata per combattere l’imam Husain, della quale anch’io facevo parte. Quando arrivammo a Karbalà, improvvisamente rividi lo stesso luogo in cui Alí pregò; ricordai le sue parole e mi pentii d’essere venuto. Presi dunque il mio cavallo e andai da Husain. Lo salutai e gli narrai ciò che in quel luogo avevo sentito da suo padre. L’Imam disse: “Sei venuto ad aiutarci o a farci guerra?”. Dissi: “O figlio del Messaggero di Dio, sono venuto ad aiutarvi, non a combattervi. Tuttavia ho lasciato moglie e figli da soli e ho paura che Ibni Ziad faccia loro del male”. Husain, quando sentí queste parole, disse: “Ora che le cose stanno cosí, fuggi da questa terra per non vedere il luogo ove cadremo martiri, per non sentire le nostre voci. Giuro su Dio che chiunque oggi senta le nostre lamentose voci e, nonostante ciò, s’astenga dall’aiutarci, andrà all’Inferno”»{Bihar: vol. XLIV, pag. 255}
Il messaggero dell’imam Husain
Quando la carovana dell’imam Husain, durante il suo viaggio verso Kufa, arrivò in una località chiamata Hàjiz, egli scrisse la seguente lettera alla gente di questa città: “In nome di Dio, il Misericordioso, il Benevolo… ho ricevuto la lettera di Muslim Ibni Aghíl, il quale mi ha scritto che, ben disposti e organizzati, siete pronti ad aiutarci e a difendere i nostri diritti. Che Iddio conceda a me un futuro favorevole e a voi successo e vittoria. Possa Iddio darvi una generosa ricompensa. Ho lasciato la Mecca martedí otto zi-l-hajjah per raggiungervi e ho mandato piú avanti il mio messaggero. Dopo aver ricevuto la mia lettera organizzatevi, io arriverò al piú presto da voi”. L’Imam diede la lettera a Qais Ibni Musahhar As-saydawiyy e lo mandò a Kufa. Qais si lanciò in tutta velocità verso Kufa, ma a Gàdisiyyah fu arrestato da Husain Ibni Numair, che era responsabile del controllo di quella zona, il quale volle perquisire Qais, egli però strappò la lettera che l’imam Husain gli aveva dato. Ibni Numair mandò Qais da Ibni Ziad, il quale gli chiese: “Chi sei?”. “Sono uno dei seguaci d’Alí, il Principe dei Credenti, e dei suoi figli” rispose Qais. Chiese ancora: “Perché hai strappato la lettera?”. Rispose: “Affinché tu non venissi a conoscenza del suo contenuto”. Disse: “Di chi era la lettera e a chi era indirizzata?”. Rispose: “Era una lettera di Husain ad alcuni abitanti di Kufa, di cui io non conosco i nomi”. Ibni Ziad s’arrabbiò e disse: “Giuro su Dio che non ti libererò finché non mi dirai i loro nomi o non ingiurierai sul pulpito Husain, suo padre e suo fratello; in caso contrario ti farò a pezzi”. Qais rispose: “I nomi non te li dirò mai; per quanto riguarda invece maledire Husain, suo padre e suo fratello, posso fare qualcosa per te”. Salí dunque sul pulpito, lodò Dio, benedí la famiglia del Profeta e maledí Ibni Ziad, suo padre e la dinastia dei Baní Umayyah. Dopodiché disse: “O gente di Kufa, io sono l’inviato di Husain! Ho lasciato la sua carovana nella località di Hajiz. Accettate il suo invito e andate ad aiutarlo”. Ibni Ziad s’arrabbiò cosí tanto che lo fece gettare giú dal tetto del palazzo, rompendogli in tal modo le ossa del corpo. Era in fin di vita, quando Abdu-l-malik Ibni Umair, uno dei crudeli uomini d’Ibni Ziad, lo decapitò. Fu in tal modo che Qais ricevette il martirio (che Iddio lo benedica).{Bihar: vol. XLIV, pag. 371}
I segni della fine dei tempi
Ibni Abbas dice: «Eravamo con il Profeta nell’ultimo pellegrinaggio della sua vita, che egli eseguí nell’ultimo anno della propria vita [questo pellegrinaggio è noto col nome di Hajjatu-l-widà]. Il Messaggero di Dio prese l’anello della porta della Ka´bah, si girò verso di noi e disse: “Volete che v’informi dei segni della fine dei tempi?”. Salman, che allora era il piú vicino al Profeta, disse: “Sí, o Inviato d’Allah”. Il Profeta disse allora: “Segni della fine dei tempi sono che la preghiera sarà trascurata, la gente diverrà schiava delle passioni, diventerà lussuriosa; saranno venerati i ricchi e la fede verrà venduta per le cose del mondo. In quel tempo, il cuore del credente, a causa delle innumerevoli turpitudini che vedrà e che non sarà in grado d’impedire, si scioglierà come sale nell’acqua”. Salman chiese: “Tutto ciò avverrà [veramente]?”. Rispose il Profeta: “Sí, lo giuro su Dio! O Salman, in quel tempo governanti tiranni, ministri corrotti, esperti iniqui e intendenti traditori governeranno la gente”. Salman chiese: “Ciò avverrà [veramente]?”. Disse il Profeta: “Certo, lo giuro su Dio! O Salman, in quel tempo le cose turpi saranno considerate decorose e quelle decorose turpi, gli uffici saranno affidati ai traditori e i depositari tradiranno; si crederà ai bugiardi e saranno tacciati di menzogna i sinceri”. Salman chiese: “Tutto ciò avverrà [veramente]?”. Il Profeta rispose: “Sí, lo giuro su Dio! In quel tempo governeranno le donne, ci si consiglierà con gli schiavi e i bambini sederanno sui pulpiti; mentire sarà cosa gradevole e verrà considerata astuzia. La zakàh [decima islamica] sarà considerata un danno e il fondo pubblico un bottino. I figli tormenteranno i genitori e faranno del bene [solo] ai propri amici. In quel tempo sorgerà la Cometa”. Salman chiese: “O Messaggero d’Allah, tutto ciò avverrà [veramente]?”. Il Profeta rispose: “Certo, o Salman! In quel tempo le donne, nelle attività commerciali, si uniranno in società con i propri mariti. Pioverà poco, i generosi diverranno avari e i poveri vili. I mercati s’avvicineranno tra loro e tutti si lamenteranno con Dio. Uno dirà: ‘Non ho tratto alcun guadagno” e un altro affermerà: ‘Non ho venduto nulla’”. Salman chiese: “Tutto ciò avverrà [veramente]?”. Il Profeta rispose: “Certo! In quel tempo salirà al potere un gruppo che ucciderà gli uomini se questi si ribelleranno e li deprederà, calpesterà i loro diritti, verserà il loro sangue, riempirà i loro cuori d’odio e timore, … se si sottometteranno. In quel tempo le cose e le leggi saranno importate dall’Oriente e dall’Occidente e il mio popolo diverrà vario. Non si proverà compassione per i bambini, non saranno rispettati i grandi, non verranno perdonati i peccatori; le persone avranno aspetto umano ma i loro cuori saranno quelli dei demoni. In quel tempo la pederastia sarà molto diffusa, gli uomini faranno in modo da assomigliare alle donne e le donne agli uomini. Che la maledizione di Dio sia su di loro! In quel tempo le moschee saranno addobbate, il Corano sarà decorato, i minareti delle moschee saranno costruiti alti e le file degli oranti saranno folte, anche se questi si odieranno e diverse saranno le loro lingue. Gli uomini e i ragazzi si orneranno con oggetti d’oro, indosseranno vestiti di seta e di broccato e, per superbia, metteranno pellicce di leopardo. La pratica dell’usura si diffonderà tra la gente e gli affari saranno conclusi facendo maldicenza e subornando. La religione sarà abbandonata e si penserà solo alle cose del mondo. Aumenteranno i divorzi, non saranno eseguite le pene, le cantanti e gli strumenti musicali diverranno manifesti e gli empi del popolo vi andranno dietro. I ricchi andranno al pellegrinaggio [hajj] per svago, la classe media per affari e i poveri per far mostra di sé. Alcuni impareranno il Corano per scopi non divini e altri per cantare; altri poi impareranno le scienze per fini materiali. Molti saranno i figli illegittimi e gli uomini combatteranno tra loro per le cose del mondo. Non vi sarà piú rispetto per nulla, il peccato aumenterà, i cattivi prevarranno sui buoni, si mentirà molto e la testardaggine sarà un vizio diffuso. La povertà aumenterà e gli uomini si vanteranno l’un l’altro mettendo vestiti di vario tipo. Il gioco d’azzardo e gli strumenti musicali saranno considerati cose buone, mentre l’ordine al bene e il divieto del male saranno visti come cose cattive. Il vero credente sarà umiliato, coloro che reciteranno il Corano e quelli che adoreranno Dio si sparleranno l’un l’altro alle spalle e nel regno celeste saranno considerati persone vili. I ricchi temeranno la povertà e non dimostreranno compassione verso gli indigenti. Persone incompetenti esprimeranno infondati giudizi sulla società, ma le loro parole non saranno altro che [inutili] motti. In quel tempo dalla terra s’alzerà un suono, accompagnato da tremore, che sarà udito da tutti; da essa usciranno tesori d’oro e argento, ma non avranno piú alcun vantaggio per l’essere umano e il mondo finirà…”»{Biharu-l-anwar: vol. VI, pag. 306}
La risposta dell’imam Hasan a Muawiah
Un giorno Muawiah disse all’imam Hasan: “Io sono migliore di te”. L’Imam gli rispose dicendo: “O figlio di Hind, come fai a essere migliore di me?”. Muawiah disse allora: “Sono tale poiché la gente è con me, mentre tu sei solo”. L’imam Hasan disse: “Quanto corri, o figlio di Hind la Crudele! Tu occupi la peggiore delle posizioni, poiché le persone che ti circondano sono o sottomesse o costrette: quelli che si sono sottomessi a te, sono peccatori, mentre quelli che sono costretti a ubbidirti, secondo quanto dice il Corano, sono scusati. Io non dirò mai che sono migliore di te, poiché in te non esiste alcun bene affinché io possa paragonarmi a te. Dirò piuttosto che Dio, il Benevolo, mi ha purificato dai vizi e dalle turpitudini, come ha privato te delle virtú e delle buone qualità”{Bihar: vol. XLIV, pag. 104}
L’imam Reza e il viaggiatore bisognoso
Yasa´, figlio di Hamzah, dice: «Discutevo con l’imam Reza e, oltre a me, v’erano molte altre persone che chiedevano delle questioni inerenti alle licenze e ai divieti della religione islamica. A un certo punto entrò un uomo alto e bruno e disse: “O figlio del Messaggero d’Allah, io sono devoto a te e ai tuoi padri e non ho piú denaro per continuare il mio viaggio. Se lo credi giusto, concedimi una somma con la quale io possa ritornare in patria; darò in elemosina, da parte tua, una somma pari a quella che mi concederai. Io nella mia terra sono un uomo ricco e solo ora che sono in viaggio, ho bisogno d’aiuto”. L’Imam s’alzò e andò in un’altra stanza; prese duecento dinari, aprí leggermente la porta, tirò fuori la mano dalla fessura, chiamò l’uomo e disse: “Prendi questi duecento dinari, usali per continuare il viaggio e cerca benedizione in essi. Non è necessario che tu dia, da parte mia, in elemosina una somma pari a questa. Ora vai affinché tu non mi veda e io non veda te”. L’uomo prese i dinari e se n’andò. L’Imam ritornò nella prima stanza e i presenti gli dissero: “Sei stato molto gentile e sollecito nei confronti di quell’uomo. Perché [però] ti sei nascosto dietro la porta in modo che egli, al momento di prendere i dinari, non ti vedesse?”. L’Imam rispose: “Per non vedere nel suo viso la vergogna che aveva di chiedere, di manifestare il proprio bisogno…”»{Bihar: vol. XLIX, pag. 101}
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