Come si conciliano la perpetuità delle norme religiose e il cambiamento di alcune di esse?

Domanda
Considerato che le norme di Dio sono eterne, restano in vigore fino al Giorno del Giudizio e non vengono modificate, perché in alcuni casi questo principio non viene rispettato? Per esempio: 1. Se, secondo il Corano, il diritto di chiedere il divorzio è prerogativa dell'uomo, come può essere devoluto alle donne aggiungendo tale condizione al contratto di matrimonio? 2. In merito alla dyah della Gente del Libro che vive nella società islamica, per la quale il Corano ha stabilito la metà di quella spettante a un musulmano, perché il Consiglio per il Discernimento dell'Interesse del Sistema (Majma-e tashkhis-e maslahat-e nezam), sotto la supervisione del Wilayat al-Faqih, ha stabilito che equivalesse a quella dei musulmani e applica questa decisione? 3. Riguardo alla legge sull'eredità, la quale stabilisce che al figlio spetta il doppio della quota spettante alla figlia, com’è possibile che questa venga modificata tramite il testamento del tutore o la donazione da parte del figlio? 4. Se l'Islam vieta la promiscuità, perché durante la circumambulazione della Ka'ba, nonostante perfino marito e moglie diventino l’uno proibito per l’altra, accade che milioni di donne e uomini si mescolino? Tenendo presente ciò che è stato affermato in merito alla prima questione, tuttora gli organi per i diritti umani occidentali e controrivoluzionari esercitano pressioni e conducono campagne di sensibilizzazione affinché il sistema giuridico iraniano modifichi queste norme "ingiuste". Non pensate che riconoscendo alla donna il diritto di chiedere il divorzio inserendolo nelle condizioni del contratto di matrimonio, in pratica applicate il loro volere? Se noi prima dimostriamo che questa è una legge divina e immutabile, com’è possibile che poi sia modificata e ciò sia conforme alla legge e alla sharia? Cioè con un compromesso tra marito e moglie, è possibile modificare il comando di Dio? In merito alla seconda questione, il Consiglio per il Discernimento ha affermato che il motivo, per cui questa decisione è stata approvata, risiede in alcune considerazioni riguardo alla vita della Gente del Libro in Iran: Iddio non le aveva forse prese in considerazione? E se queste considerazioni rispecchiassero veramente la realtà, questa norma da parte di Dio dovrebbe essere considerata un’infrazione del Suo scopo?! Ed essere quindi in opposizione alla Sua saggezza?!
Risposta concisa
Le religioni divine constano di due parti: una parte di elementi religiosi immutabili e un'altra parte di elementi mutabili. Quella parte delle religioni divine che è immutabile e universale, ovvero riguarda qualsiasi luogo e epoca, in realtà riguarda quell'aspetto dell'identità umana che è sempre immutevole. Le religioni divine hanno anche considerato l'aspetto mutevole dell'essere umano e quest'ultimo si è manifestato sotto forma di elementi mutevoli (della religione). Per norme mutevoli s'intende quella parte di elementi religiosi che sono legati alle condizioni sociali, politiche e culturali, e in altre parole dipendono dall'epoca e dal luogo. La perpetuità delle norme divine non implica che non possano essere sospese in nessuna circostanza o perfino temporaneamente. Una delle caratteristiche della sharia islamica è proprio la sua flessibilità di fronte alle condizioni spazio-temporali. Questo non significherà abbandonare i criteri e, nei casi che sono stati citati, sinteticamente bisogna dire che il diritto di chiedere il divorzio è nelle mani dell'uomo e pur devolvendolo in alcuni casi, questo suo diritto non viene meno. Ciò che è stato detto riguardo alla dyah della Gente del Libro non è corretto da due punti di vista. Prima di tutto, questa norma non è chiaramente espressa dal Corano, né la dyah della Gente del Libro è la metà di quella dei musulmani! In ogni caso il Consiglio per il Discernimento, senza abolire la norma religiosa, a causa delle condizioni presenti, attraverso una legge governativa e secondaria, che costituisce ugualmente un tipo di norma religiosa, ha sospeso l'applicazione del tipo di dyah in questione e ha stabilito che fino a nuove disposizioni, la dyah di tali persone sarà uguale a quella dei musulmani. Ciò non equivale alla modifica della norma religiosa, bensì alla sospensione della sua applicazione. La questione dell’eredità è diversa rispetto a quella del testamento e della donazione e la legge dell'eredità non viene affatto modificata attraverso di essi, e questi (il testamento e la donazione) vengono valutati in due ambiti differenti. Infine è bene sapere che nessun sapiente religioso ha permesso che uomini e donne possano mischiarsi in modo peccaminoso, nemmeno durante il periodo del Pellegrinaggio alla Mecca. Le norme religiose devono essere rispettate durante il compimento dei rituali del Pellegrinaggio alla Mecca così come in tutti gli altri momenti.
Risposta dettagliata
La vostra domanda, relativamente dettagliata, deve essere analizzata in più ambiti: 1. Che cosa significa che le norme divine sono eterne? 2. Se per necessità o interesse, una norma divina viene sospesa momentaneamente, ciò implica che quella norma sia stata abbandonata? 3. In che misura sono pertinenti i casi citati nella sua domanda come prove, con il tema della sua domanda? Adesso, con lo stesso ordine, ci occuperemo di analizzare la sua domanda: 1. Riguardo alla prima questione, sinteticamente bisogna dire che le religioni divine sono composte di due tipi di elementi: un tipo di elementi religiosi immutabili e un altro di elementi mutabili. Quel tipo di elementi che sono immutabili e universali, ovvero sono validi in qualsiasi luogo e epoca, in realtà concernono quell'aspetto dell'identità umana che è sempre immutevole. Le religioni divine hanno anche considerato l'aspetto mutevole dell'essere umano e quest'ultimo si è manifestato sotto forma di elementi mutevoli. Per norme mutevoli s'intende quel tipo di elementi religiosi che dipendono dalle condizioni sociali, politiche e culturali, in altre parole dall'epoca e dal luogo[1]. Il significato di perpetuità delle norme divine e della sharia islamica è che gli elementi immutabili di questa religione e le sue norme possiedono una stabilità tale da non mutare fino al Giorno della Resurrezione. Nonostante gli elementi temporali, i metodi e gli adattamenti possano variare a seconda delle circostanze, tuttavia queste differenze, percepibili anche all'epoca della vita del Profeta (S), non influiscono sull'immutabilità dei principi generali di questa religione divina. Riguardo a questo tema si possono consultare le informazioni concernenti “L’essere Muhammad (S) l’ultimo profeta” scritte a pag. 341 del vol. 17 del Tafsir-e Nemuneh, e altresì la risposta 781 di questo sito riguardante la completezza della religione (entrambe in persiano). 2. L'immutabilità dei principi non può essere addotta come motivo per trascurare le circostanze attorno a noi e per volere applicare solamente le norme in modo inflessibile! In altre parole, le norme e i criteri divini immutabili si sono in qualche modo intrecciati con la vita umana, in continua evoluzione, sì da non poter essere presi in considerazione separatamente. La considerazione di questo punto importante ha creato nella giurisprudenza islamica termini come norme primarie e secondarie, contrapposizione tra ciò che è importante e ciò che è più importante, necessità, pressione, interesse, ecc. Se eseguissimo una ricerca nel sacro Corano, c'imbatteremmo in casi dove perfino il rinnegamento esteriore dell'Unicità divina, il principio più importante dell'Islam, è concesso in determinate condizioni[2]. Ammar Yassir, uno dei più noti compagni del Profeta (S), che per salvare la propria vita finse di negare l'adorazione di Dio, non solo non fu biasimato, bensì fu approvato dal Corano, dal Profeta (S) e dagli infallibili Imam (A)![3] Pertanto se in certe condizioni possiamo abbandonare l'adorazione di Dio senza che il nostro monoteismo sia sfregiato, è naturale che l'abbandono di alcune norme in simili circostanze, in forma esteriore o temporaneamente, per necessità o interesse, non mostra una debolezza nelle basi di quella norma religiosa. Per esempio, l’Islam considera il furto dei beni altrui un atto biasimevole e vietato, tuttavia spiega anche che, se un individuo per fame intensa e per salvare la propria vita, ruba una certa quantità di cibo, sarà esonerato dalla punizione. Ciò significa forse che noi abbiamo abbandonato i nostri principi riguardo all'indecenza del furto?! Oppure se ci asteniamo dall'applicazione di una o più sanzioni stabilite da Dio a causa delle minacce mondiali e della vita dei musulmani che è in pericolo, ciò significa forse che abbiamo abbandonato il nostro credo?! Indubbiamente non è così e consultando i libri di giurisprudenza e diritto, ci si renderebbe conto che l'abolizione e la sospensione sono due concetti differenti. Pertanto abolizione significa abbandonare completamente una norma e dichiararla abolita. Sospensione, invece, significa che considerati alcuni interessi, in un arco di tempo specifico, l'applicazione di una norma non sarebbe proficua, quindi senza annullarla, ci asteniamo momentaneamente dalla sua applicazione e, senza danneggiarne la validità, rimaniamo in attesa che si risolvano i problemi che ne ostacolano l'applicazione. Prestando un minimo di attenzione, scopriremmo che molti dei casi che vengono citati come cambiamenti delle norme islamiche, appartengono al secondo tipo e non comportano l'annullamento o l'eliminazione di una norma islamica! 3. Adesso, in ordine, analizzeremo i casi da lei citati come esempi del cambiamento avvenuto nelle norme islamiche. a) In merito alla devoluzione del diritto di chiedere il divorzio alla donna, bisogna dire che con tale devoluzione la norma islamica non viene modificata, poiché il diritto di chiedere il divorzio è ancora prerogativa dell'uomo e solo nei casi in cui esistano delle condizioni molto difficili per la donna, il marito dà una delega da parte propria alla donna per chiedere il divorzio. In questo campo vi sono alcuni punti degni di nota: Primo: Delegando qualcuno a compiere un'azione, il diritto del delegante nel compiere quell'azione non viene a mancare. Pertanto nonostante il marito rilasci una delega alla moglie in questi casi, il suo diritto primario non viene a mancare tramite questa delega, poiché una delega può essere rilasciata solo in quei casi in cui il delegante ha il diritto di compiere quel passo[4]. Secondo: Questa delega non è assoluta e universale, bensì è limitata ai casi in cui la continuazione del matrimonio causerebbe difficoltà molto intense. Terzo: Supponendo anche che tale delega non esistesse, la donna potrebbe recarsi dalle autorità giudiziarie a chiedere il divorzio. Infatti, anche se il diritto di chiedere il divorzio è nelle mani degli uomini, ciò non permette loro di trattenere la moglie in condizioni di pesante difficoltà e non impedisce alla donna di far valere i propri diritti, quali le spese per il proprio sostentamento (nafaqah), ecc., e infine di chiedere il divorzio attraverso l'infrastruttura giudiziaria (islamica)[5]. Pertanto questo diritto vigeva fin dall'inizio per le donne, ovvero la donna presentandosi in tribunale poteva obbligare il marito a divorziare da lei e la delega che tutt'oggi viene citata nel contratto di matrimonio esiste solamente per semplificare il processo burocratico e giudiziario, non viene quindi considerata una modifica delle norme islamiche. b) In merito alla sua domanda riguardo alla dyah della Gente del Libro, vi sono due punti interessanti che non ha considerato: Primo: Al contrario di ciò che lei sostiene, la questione della dyah della Gente del Libro non è tra i casi che sono stati menzionati nel Corano, bensì la relativa norma è stata estratta dagli hadìth e dalla condotta profetica. Secondo: L’ammontare della dyah della Gente del Libro citata negli hadìth, non è metà di quella dei musulmani e il criterio della metà riguarda soltanto l'uomo e la donna, non i musulmani e la Gente del Libro! La dyah della Gente del Libro, nella maggior parte dei libri di giurisprudenza, è stata dichiarata di 800 dirham[6]. Considerando questi due punti, analizziamo la questione: La norma concernente la dyah della Gente del Libro che vive nei paesi islamici, è una questione sulla quale esistono divergenze di opinioni tra i sapienti delle scienze islamiche. Tuttavia la maggior parte dei giurisperiti sciiti accetta la somma di ottocento dirham[7]. A tutt'oggi è questa l'opinione riconosciuta, però considerate le condizioni mondiali odierne, e altresì le convenzioni che anche noi abbiamo sottoscritto, nei rapporti con i cittadini non musulmani si sono create delle nuove situazioni, le quali implicano l'utilizzo di norme secondarie e governative nei loro confronti. La parità della dyah della Gente del Libro con quella dei musulmani non è conforme alle norme primarie dell'Islam e pertanto è stata rifiutata dal Consiglio dei Guardiani, che ha la responsabilità di conformare le leggi con le norme primarie della religione. Tuttavia come lei stesso ha menzionato, il Consiglio per il Discernimento, che è la fonte varante le norme secondarie e alcune leggi governative, ha considerato tale legge nell'interesse del paese e quindi ha votato per la sua applicazione; questo però non significa l'abolizione della norma primaria, ma è considerato un tipo di sospensione. Tale modo di agire era in vigore anche all'epoca del Profeta (S). Per esempio si può citare un caso in cui lui, a causa del patto di Hudaybiyyah con i miscredenti, dovette estradare un miscredente che si era rifugiato presso i musulmani[8], nonostante tale azione non sembrasse corretta secondo le norme primarie dell'Islam e che divenne poi oggetto di lamentele da parte di alcuni musulmani, che non erano a conoscenza della forte flessibilità delle norme islamiche. In conclusione, in merito alla dyah della Gente del Libro, la norma divina non è stata modificata, bensì la sua applicazione è stata sospesa temporaneamente a causa di determinate condizioni. Questo non significa che Iddio ignorava la possibilità di tali condizioni, in realtà le norme primarie sono state varate in base agli interessi generali dell'umanità in condizioni normali, tuttavia Iddio permette di scegliere un’altra soluzione in caso di condizioni anomale. c) In un altro punto della domanda lei mischia i concetti di eredità, testamento e donazione, che sono tre cose distinte, immaginando che fra essi vi sia contrasto. Per rispondere bisogna innanzitutto definire il significato e l'ambito di ognuno di essi al fine di chiarire che non esiste nessun conflitto. Primo (donazione): Qualunque individuo, quando è in vita e sta bene, ha il potere e la capacità di amministrare i propri beni ed egli conosce meglio di chiunque altro in che modo utilizzarli. Utilizzarli per bisogni personali e familiari, consacrarli (waqf), devolverli o donarli e regalarli ad altri. Nessuno, nemmeno i suoi futuri eredi, hanno il diritto di lamentarsi, poiché tale amministrazione dei beni è un suo diritto naturale, anche se in caso di malattia mortale sarà limitato. Secondo (testamento): Testamento significa che qualcuno lascia delle disposizioni testamentarie agli eredi. Può trattarsi di denaro o altro. Tuttavia, secondo la religione islamica, nonostante le persone in vita possano disporre a proprio piacimento di tutti i loro beni, dopo la morte, possono stabilire solo il destino di un terzo dei beni[9], e la parte restante dovrà essere suddivisa tra gli eredi in conformità alle norme islamiche sull'eredità. Terzo (eredità): I beni di un individuo defunto vengono disposti di modo che prima vengono estinti i debiti, successivamente viene applicato il suo testamento nel limite di un terzo e il resto viene suddiviso tra gli eredi secondo la formula prestabilita e gli uomini ereditano il doppio delle donne[10]. Prestando attenzione ai suddetti termini diventerà chiaro che l'eredità, fin dall'inizio, riguarda solamente i beni rimasti dopo il testamento e l’estinzione dei debiti, e la sua formula non viene modificata. Però le persone, quando ancora in vita, possono aiutare economicamente alcuni figli più di altri, oppure donare loro una parte dei beni, o favorire alcuni di loro nel proprio testamento (sempre nel limite di un terzo). Tuttavia le disposizioni del defunto riguardo alla suddivisione dell'eredità (cioè ciò che rimane del testamento e dal saldo dei debiti) sono invalide e non hanno alcuna influenza. Dopo che ogni erede ha ricevuto la propria parte di eredità, potrà usufruire di questa come meglio crede. Tenerla o donarla ai fratelli o alle sorelle. Tale dono non modifica la formula religiosa del testamento, bensì è un dono a parte che viene valutato dopo la suddivisione dell'eredità e non presenterà quindi nessun problema in ambito shariatico. Se ha anche qualche dubbio in merito al motivo della differenza tra uomini e donne nell'eredità, può consultare le fonti presenti al riguardo, ad esempio: La risposta 2207 di questo sito. d) Nel quarto caso, indubbiamente la norma divina vieta la promiscuità se avviene in modo peccaminoso; ciò si deduce dalla sunna e dalla condotta del Profeta (S) e degli infallibili Imam (A), e altrettanto dai versetti del sacro Corano che invitano uomini e donne alla castità[11]. Bisogna tuttavia considerare che non è vietato qualsiasi tipo di promiscuità nella società: se non porta al peccato o a situazioni che potrebbero portarvici, non è un problema. Dall'epoca del Profeta (S) fino ad oggi, questi due gruppi della società non sono mai stati separati completamente e praticamente: ciò non sarebbe possibile. Essi svolgono i propri doveri sociali e religiosi uno accanto all'altra. Uno dei versetti del sacro Corano può dimostrare quest'affermazione, laddove, riferendosi alle mogli del Profeta (S), dice di non parlare con accondiscendenza attirando l'attenzione dei peccatori, bensì invita a parlare in modo conveniente[12]. Prestate attenzione. Iddio non ha vietato alle mogli del Profeta (S) e anche alle altre donne di parlare con coloro che non sono mahram, bensì ha vietato loro di parlare in modo non adatto alla loro religiosità! Questa distinzione vige anche negli altri rapporti in cui donne e uomini devono interagire. È stato vietato solamente quel tipo di promiscuità che causa la diffusione della corruzione nella società islamica. Riguardo al precetto del pellegrinaggio che ha citato, bisogna dire che, considerato l'aumento costante dei pellegrini alla Casa di Dio e lo spazio limitato di questa terra sacra, per evitare che la promiscuità causi corruzione, si potrebbero proporre alcune soluzioni: 1. Sospendere questo importante precetto divino per evitare l'eventuale corruzione! Certamente questa proposta, considerata l'importanza notevole del pellegrinaggio e il ruolo sociale considerevole che svolge all’interno del mondo islamico, non sembra razionale. Questo precetto divino obbligatorio è talmente importante che se un giorno accadesse che i musulmani, per qualsiasi motivo, non mostrassero più alcun interesse a recarsi in pellegrinaggio, i capi dei governi islamici avrebbero il dovere di persuaderli a fare tale viaggio perfino pagandolo con i fondi del bene comune (bayt al-mal)![13] Considerati questi precetti, si può forse sospendere il pellegrinaggio, i cui richiedenti si premurano di compierlo pazientando molti anni, solo a causa della promiscuità?! 2. Un altro metodo per evitare la promiscuità sarebbe di impedire a uno di questi due gruppi (per esempio le donne) di eseguire il precetto del pellegrinaggio. Anche questo metodo, però, non è razionale e la religione islamica allo stesso modo in cui dà importanza all'esecuzione degli atti del pellegrinaggio da parte degli uomini, ritiene importante anche l'esecuzione di questo precetto da parte delle donne, considerando addirittura non necessario il permesso del marito per il pellegrinaggio obbligatorio![14] Pertanto non si può privarle del diritto di compiere il viaggio divino del pellegrinaggio a causa della promiscuità. 3. Si può considerare anche un'altra soluzione: gli addetti al pellegrinaggio potrebbero pianificare come impedire la promiscuità, affinché gli uomini e le donne possano compiere il proprio precetto separatamente e senza il problema di incontrare la parte opposta. Questi metodi sono adeguati e in alcuni casi, come le tende presso Arafat e Mina, sono stati messi in pratica. Tuttavia speriamo che gli addetti al pellegrinaggio si consultino con gli esperti musulmani e possano così risolvere il problema o almeno attenuarlo. 4. In conclusione la miglior soluzione che si possa consigliare momentaneamente al riguardo è che i pellegrini, considerata la propria coscienza religiosa, agiscano in modo che, nonostante la promiscuità nei riti del pellegrinaggio e rispettando i valori e il decoro islamici, eliminino l'originarsi di peccati. Naturalmente, il rituale della circumambulazione e la calca di gente non giustificano il fatto che gli uomini e le donne possono avere un contatto fisico con indifferenza e ciò che viene considerato peccato all'infuori del pellegrinaggio alla Mecca sia considerato permesso in tale occasione! L'affermazione che a volte viene riportata financo da alcuni pellegrini ignari delle basi della sharia, ovvero che gli uomini e le donne non-mahram durante il pellegrinaggio sono come fratelli e sorelle, non trova riscontro in nessuna fonte della sharia, bensì esistono moltissime prove in base alle quali, perfino durante la circumambulazione, bisogna rispettare con scrupolo i principi religiosi concernenti i rapporti tra uomini e donne. Di seguito citeremo un esempio al riguardo. In un hadìth si narra che una donna stava svolgendo la circumambulazione e anche un uomo dietro di lei stava compiendo lo stesso rituale, in quel momento le braccia della donna si scoprirono fino al gomito. L'uomo che la seguiva, vedendo tale situazione, mise le proprie mani sulle sue! Iddio (miracolosamente) incollò le loro mani di modo che s’interruppe anche la circumambulazione degli altri presenti e in seguito la gente si raccolse intorno a loro. La notizia giunse anche al governatore della Mecca, e i giurisperiti meccani, per mettere fine alla vicenda, pretesero che le mani dell'uomo venissero tagliate! Infine chiesero aiuto all'imam Husayn (A) che si era recato alla Mecca per adempiere il precetto del pellegrinaggio. Il governatore della Mecca disse all'Imam di osservare ciò che era accaduto a quelle due persone! Il terzo Imam (A), vedendo la situazione, alzò le mani al cielo in direzione della qiblah e pregò invocando Dio per molto tempo. Dopodiché si diresse verso la donna e separò le mani dell'uomo impertinente dalle sue! Il governatore chiese all'Imam (A) se dovessero punire quell'uomo. L'Imam (A) rispose negativamente (considerando sufficiente la punizione di Dio)[15]. Alla luce delle informazioni sopraccitate, avrà ottenuto anche la risposta al suo quarto ragionamento. In conclusione nessuno dei casi citati può essere considerato un cambiamento delle norme divine o un esempio in contrasto con la perpetuità dell'Islam, tantomeno altri casi simili a uno dei quattro presenti nel suo ragionamento. Infine la flessibilità delle norme islamiche, che è anche uno degli insegnamenti religiosi ed è stata ordinata da Iddio, viene considerata un sostegno adeguato per l'eternità delle norme islamiche. Indice correlato: Annullamento della pena di morte e divieto di tortura in Iran, domanda 3059 (sito:  3761).
 
[1] Estratto dall'indice: La religione, immutabilità e mutabilità, domanda 10 (sito:  209).
[2] Sacro Corano, 16:106.
[3] Muhammad Ibn al-Hasan Hurr 'Amili, Wasa'il al-Shi'ah, vol. 16, p. 225, hadìth 21423, Mo'assese-ye Al al-Bayt, Qom, 1409 AH.
[4] Codice civile (della Repubblica Islamica dell'Iran), articolo 662.
[5] Ivi, articoli 1111 e 1129.
[6] Muhammad Hasan Najafi, Jawahir al-Kalam fi Sharh Shara'i' al-Islam, vol. 43, p. 38, Dar Ihya' al-turath al-'arabi, Beirut, settima ristampa; Shaykh al-Saduq; Man la Yahdhuruh al-Faqih, vol. 4, p. 121, hadìth 5250, vol. 4, Entesharat-e jame'e-ye modarresin-e Qom, 1413 AH.
[7] Muhammad Hasan Najafi, Jawahir al-Kalam, vol. 43, p. 39.
[8] Mohammad Baqer Majlesi, Bihar al-Anwar, vol. 20, p. 362, Mu'assisat Al-Wafa', Beirut, 1404 AH.
[9] Muhammad Ibn al-Hasan Hurr 'Amili, Wasa'il al-Shi'ah, vol. 19, p. 271, capitolo 10.
[10] Sacro Corano, 4:11 e 12.
[11] Altri esempi: sacro Corano, 24:30, 31 e 60; 23:5, 70:29 e altri.
[12] Sacro Corano, 33:32.
[13] Muhammad Ibn al-Hasan Hurr 'Amili, Wasa'il al-Shi'ah, vol. 11, p. 23 e 24, hadìth 14148 e 14149.
[14] Ivi, vol. 11, p. 155, hadìth 14511.
[15] Ivi, vol. 13, p. 227, hadìth 17613.