La mia scoperta del Nahj al-Balagha

Quella che segue è la traduzione dal persiano dell’introduzione dell’Ayatullah Shahid Motahhari alla sua opera Sayri dar Nahj al-Balaghah (Viaggio nel Nahj al-Balaghah). L’introduzione, che l’autore presumibilmente scrisse prima di consegnare il testo agli editori, è datata 3 Muharram 1975. **** Forse vi è già accaduto, o in caso negativo potete immaginarlo: qualcuno vive nella vostra strada o è un vostro vicino da anni; lo vedete almeno una volta al giorno, abitualmente gli fate un cenno e proseguite. Gli anni trascorrono in questo modo finché, un giorno, casualmente, avete l’opportunità di sedervi con lui e familiarizzare con le sue idee, pensieri, interessi e sentimenti. Siete sorpresi di quanto avete saputo al suo riguardo. Non avevate mai immaginato o creduto che egli potesse essere come lo avete trovato, e non avevate mai pensato che potesse essere come avete poi scoperto che fosse. In seguito, ogni qualvolta lo vedete, il suo volto, in qualche modo, vi appare differente. Non solo.. La sua personalità assume un nuovo significato e un rispetto nuovo e profondo nel vostro cuore, come se fosse una persona diversa da quella che voi credevate di conoscere per anni. Sentite di aver scoperto un mondo nuovo. La mia esperienza con il Nahj al-Balagha fu simile. Dagli anni della mia infanzia avevo familiarità con il nome di questa opera, e potevo distinguerlo dagli altri libri negli scaffali della libreria di mio padre. Anni dopo, durante i miei studi, prima nella Hawzah (seminario tradizionale sciita) di Mashhad e poi in quella di Qom, quando completai le ultime fasi della formazione teologica preliminare chiamate “sutuh”, il nome del Nahj al-Balagha risuonava, dopo il Corano, più di ogni altro libro. Alcuni dei suoi sermoni sulla taqwa (timor di Dio) li avevo ascoltati così tante volte che potevo ricordarli a memoria. Nonostante ciò devo ammettere, al pari dei miei compagni di studio della Hawzah ‘Ilmiyyah, che ero piuttosto ignorante del mondo del Nahj al-Balagha. Ci eravamo incontrati come estranei e da estranei eravamo passati uno accanto all’altro. Ciò continuò fino all’estate del 1320 (anno dell’Egira solare, n.d.t.) quando, per fuggire dal caldo di Qom, mi recai a Isfahan. Un piccolo incidente mi mise in contatto con una persona che prese la mia mano e mi guidò in qualche modo nel mondo del Nahj al-Balagha. Quando avvenne ciò, compresi di aver avuto fino ad allora una conoscenza molto limitata di questa opera. Successivamente avrei voluto trovare qualcuno che potesse introdurmi anche nel mondo del Corano. Da allora il contenuto del Nahj al-Balagha si trasformò ai miei occhi. Mi affezionai ad esso e gradualmente il mio affetto si trasformò in amore. Si trattava ora di un libro differente rispetto a quello che avevo conosciuto fin dall’infanzia. Sentivo come se avessi scoperto un mondo interamente nuovo. Shaykh Muhammad ‘Abduh, in passato Muftì d’Egitto, che curò e pubblicò il Nahj al-Balagha con un breve commento e per la prima volta introdusse questo libro agli egiziani, disse che non conosceva questa opera finché iniziò a studiarla in una terra distante dalla sua madre patria. Ne rimase stupito e fu come se avesse scoperto un tesoro prezioso, pertanto decise immediatamente di pubblicarlo e introdurlo al pubblico arabo. L’estraneità di un sapiente sunnita al Nahj al-Balagha non è sorprendente; quello che è sorprendente è che esso sia estraneo nella sua stessa terra, tra gli Sciiti di ‘Ali (as) e perfino nelle Hawza Ilmiyyah sciite, nel medesimo modo in cui lo stesso ‘Ali era rimasto estraneo e solo. Evidentemente, se il contenuto e le idee di un’opera o i sentimenti e le emozioni di una persona non sono in armonia con la mentalità di un popolo, questo libro o persona rimangono praticamente isolati come uno straniero in un mondo alieno, anche se il nome di questa persona o libro può essere menzionato con grande rispetto e ammirazione. Noi, studenti di teologia, dobbiamo confessare la nostra estraneità dal Nahj al-Balagha. Abbiamo costruito un mondo spirituale per noi stessi estraneo al mondo del Nahj al-Balagha. Un ricordo del maestro Scrivendo questa prefazione non posso astenermi dal ricordare con tristezza la memoria di quel grande uomo che mi introdusse per la prima volta nel mondo del Nahj al-Balagha e della cui conoscenza ho fatto tesoro come una delle più preziose esperienze della mia vita, che non cambierei per nessun’altra cosa. Nessun giorno o notte sono trascorsi senza che lo ricordassi o lo menzionassi con gratitudine. Oserei dire che egli era un sapiente divino ('alim rabbani) nel vero senso della parola, sebbene io non possa osare affermare di essere “uno studente nel sentiero della salvezza” (muta'allim 'ala sabil al-najat). (1) Ogni volta che lo incontravo, ricordavo sempre i seguenti versi di Sa’di: Il devoto, l’asceta e il sufi, sono tutti bambini nel sentiero; se c’è qualche uomo, non è altro che l’’alim rabbani. Egli era contemporaneamente un faqih (giurisperito), un filosofo, un uomo di lettere e un medico. Egli era ben versato nel fiqh (giurisprudenza islamica), in filosofia, nella letteratura araba e persiana e nella medicina tradizionale, ed era considerato uno specialista di primo rango in alcune di queste. Era un insegnante magistrale de al-Qanun di Abu ‘Ali, il trattato di medicina di Ibn Sina (Avicenna) che non trova insegnante in questi giorni, e molti sapienti della Hawzah Ilmiyyah partecipavano alle sue lezioni. Non gli era comunque possibile confinare sé stesso ad una sola branca, e il suo spirito si rivoltava contro ogni tipo di restrizione. Tra le sue lezioni, quelle sul Nahj al-Balagha erano quelle che più lo interessavano, portandolo ad uno stato spirituale particolare. Era come se il Nahj al-Balagha avesse aperto le sue ali e lui, salendovi sopra, venisse trasportato in un viaggio attraverso mondi estranei che erano al di là della nostra portata. Era evidente che egli viveva con il Nahj al-Balagha e con esso respirava. Il suo spirito era unito a questa opera; il suo polso pulsava e il suo cuore batteva in armonia con il Nahj al-Balagha. Le sue sentenze erano sempre sulle sue labbra e il loro significato era inciso nel suo cuore. Quando egli citava i suoi passi, le lacrime scendevano dai suoi occhi e bagnavano la sua barba bianca. Durante le lezioni, il suo incontro e coinvolgimento con il Nahj al-Balagha lo rendeva totalmente estraneo da ciò che lo circondava. Era uno spettacolo educativo e attrattivo. Ascoltare il linguaggio del cuore da qualcuno il cui cuore è pieno di amore e saggezza aveva un effetto e attrazione differente. Era un esempio vivente dei Salaf Saleh. Le parole di ‘Ali gli si applicano totalmente: “Se non fosse stato perché la Provvidenza ha decreato gli anni della loro vita, il desiderio di ricevere la ricompensa divina e il timore della punizione non avrebbero permesso alle loro anime di rimanere nei loro corpi neanche per un momento. La comprensione della grandezza del Creatore ha reso ogni cosa al di fuori di Lui insignificante ai loro occhi.” (2) Questo raffinato uomo di lettere, filosofo speculativo (hakim mutaalli), grande faqih, esperto uomo di medicina ed ‘alim rabbani era lo scomparso Hajj Mirza ‘Ali Aqa al-Shirazi al-‘Isfahani (Iddio lo santifichi), un uomo di verità e saggezza, che aveva ottenuto la liberazione dall’io finito ed era emerso con la Verità Assoluta. Nonostante il suo alto livello sapienzale e la sua eminente posizione sociale, il suo senso di responsabilità per la società e il suo amore ardente per l’Imam Husayn (as) lo avevano obbligato a tenere sermoni dal minbar (3). I suoi sermoni, provenendo dal suo cuore, avevano un profondo effetto sui cuori altrui. Ogni volta che visitava Qom i sapienti di primo rango lo convincevano a tenere sermoni dal minbar: non si trattava di mere parole da ascoltare, ma di uno stato spirituale da sperimentare. Si asteneva comunque dal guidare le Preghiere rituali. Un anno, durante il santo mese di Ramadan, dopo molti tentativi per convincerlo, accettò di guidare per quel mese le Preghiere rituali nella Madraseh-ye Sadr. Nonostante non partecipasse costantemente e rifiutasse di stilare un programma regolare, folle di persone senza precedenti partecipavano alle Preghiere da lui guidate. Ho sentito che il numero dei partecipanti alle Preghiere congregazionali delle moschee attorno era diminuito e, pertanto, egli non continuò. Per quanto sappia, la gente di Isfahan generalmente lo conosceva personalmente e lo amava. Era amato anche nella Hawzah di Qom; gli ulamà di Qom si recavano con impazienza a visitarlo appena ricevuta la notizia del suo arrivo in città. Al pari di tutte le altre restrizioni, egli rifiutava di essere legato anche dalle condizioni stabilite per avere murid e seguaci. Possa Allah mostrare la Sua infinita misericordia su di lui e annoverarlo con i Suoi awliya nel Giorno della Resurrezione. Con tutti i suoi meriti, non è mia intenzione affermare che gli aveva familiarità con tutti i mondi abbracciati dal Nahj al-Balagha e che aveva messo i piedi in tutti i domini in esso raccolti. Aveva esplorato alcuni dei suoi regni e tale parte del Nahj al-Balagha è stata incarnata da questa persona. L’universo del Nahj al-Balaghah include numerosi mondi: il mondo dello zuhd (ascetismo) e della taqwa (timor di Dio), il mondo della ‘ibadah (devozione) e dell’‘irfan (gnosi), il mondo della hikmah (saggezza) e della filosofia, il mondo dell’insegnamento etico e della guida, il mondo dell’escatologia (malahim) e dei misteri (mughayyabat), il mondo della politica e delle responsabilità sociali, il mondo dell’eroismo e del coraggio...; troppi mondi per essere conquistati da qualsiasi persona. Hajj Mirza ‘Ali Aqa al-Shirazi ha esplorato solo una parte di questo grande oceano e la conosceva bene. Traduzione a cura di Islamshia.org © E' autorizzata la riproduzione citando la fonte