Perche i musulmani digiunano?

Alcune verità sono evidenti per natura, ed in circostanze normali non necessitano di esser discusse. Ma in un momento e in un’epoca in cui le verità più evidenti sono messe in discussione od occultate dalle nubi del dubbio, si è obbligati a parlare anche delle più ovvie. Una di queste verità è la necessità di un elemento di ascetismo nella vita umana. Senza un elemento di sacrificio e ascetismo nessuna religione, e pertanto nessuna cultura umana, è possibile. Bisogna ritirarsi periodicamente dalla vita piena dei sensi, anche per poter godere appieno i frutti delle percezioni sensuali. Solo un certo grado di astensione dagli oggetti materiali dei sensi fa che anche la vita dei sensi sia equilibrata, oltre a permette all’anima umana un’apertura verso la vita spirituale. Una di queste pratiche di restrizione è il digiuno, che l’Islam promulga come doveroso per il mese di Ramadan e raccomanda per altri periodi dell’anno. Così come manifesta il Sacro Corano, è una pratica che esiste nelle religioni più antiche e l’Islam non ha fatto altro che ravvivarla e istituzionalizzarla nella forma del digiuno del mese Ramadan. Digiunare durante questo mese ha molti vantaggi e caratteristiche sociali ed esteriori che sono state spesso discusse, e la cui importanza è stata di fatto esagerata in certi contesti, secondo i quali la principale virtù del digiuno si riduce alla carità per i poveri. Questo elemento di carità esiste sicuramente, ma, come ogni vera carità, acquisisce un senso spirituale solo quando si rivolge verso Dio. E nel digiuno è l’obbedienza alla Volontà Divina ad avere come frutto la carità verso i poveri ed i bisognosi e una partecipazione reale alla loro fame e sete. Ma l’aspetto più difficile del digiuno è il filo di spada dell’astensione diretta contro l’anima carnale, la nafs al-ammarah del Sacro Corano. Con il digiunare, le tendenze ribelli dell’anima carnale sono appagate e pacificate gradualmente da una sottomissione sistematica di queste tendenze alla Volontà Divina, poiché in ogni momento di fame l’anima del musulmano ricorda che, se le passioni dell’anima carnale vengono disobbedite, è per obbedire ad un Ordine Divino. Questo è il motivo per cui il digiuno non include soltanto l’astensione dal mangiare, ma anche ogni forma di lussuria e passione carnale. Come risultato di questa restrizione sistematica, l’anima umana comprende di esser indipendente dal suo ambiente naturale immediato e acquisisce coscienza di esser in questo mondo, ma di non appartenergli. Una persona che digiuna acquisisce molto rapidamente coscienza di esser pellegrino in questo mondo e di esser stata creata come un esser destinato ad una meta che è al di là di questa esistenza materiale. Il mondo che lo circonda perde in un certo modo la propria materialità e prende un aspetto di vuoto e trasparenza che, nel caso del musulmano contemplativo, conduce direttamente ad una contemplazione di Dio nella Sua creazione. La natura effimera e vuota delle cose è compensata, d’altra parte, dall’apparizione di queste stesse cose come doni divini. Durante il periodo del digiuno, il cibo e le bevande, che si danno per scontati durante tutto l’anno, si rilevano come doni del cielo (ni’mah) e acquisiscono un significato spirituale di natura sacra. Digiunare è inoltre vestirsi dell’armatura della purezza contro le passioni del mondo. E’ incorporare anche “fisicamente” il proprio corpo alla purezza della morte, che naturalmente è accoppiata con la nascita spirituale. Durante il digiuno, l’essere umano si ricorda che ha scelto di avvicinarsi a Dio e di allontanarsi dal mondo delle passioni. Per questo il Santo Profeta (S) amava tanto il digiuno. Era un elemento fondamentale di questa “povertà spirituale muhammadica” (faqr), della quale disse: “al-faqr fakhri” (la povertà spirituale è la mia gloria). Questa morte delle passioni purifica l’anima e la svuota dell’acqua putrida dei suoi residui psichici negativi. L’individuo, e attraverso di lui la Comunità Islamica, è rinnovato da questo rito, che gli ricorda i suoi doveri e obiettivi etici e spirituali. Per questo l’arrivo del mese sacro è ricevuto con allegria. In esso le porte del cielo sono aperte maggiormente per i fedeli e la Compassione Divina discende sopra coloro che la cercano. Aver completato il digiuno del mese di Ramadan è aver sperimentato un ringiovanimento e un rinnovamento che prepara il musulmano ad affrontare un altro anno con la determinazione di vivere e agire secondo con la Volontà Divina. Il digiuno inoltre conferisce all’anima umana un profumo la cui fragranza può percepirsi anche molto dopo la fine del periodo di astinenza. Offre all’anima una fonte di energia dalla quale si alimenta durante tutto l’anno. Dovuto a questo, il mese sacro è stato chiamato “il benedetto” (mubarak), quello in cui la grazia o barakah di Dio scorre sulla Comunità Islamica e ringiovanisce le sue fonti più profonde di vita e azione. Traduzione di Islamshia.org Fonte: Radio Italia IRIB