Che bisogno c’è di riflettere intorno alla religione?
Alcuni sono convinti di non avere alcun dovere di ricercare per comprendere la religione. Essi dicono: “Che bisogno c’è di riflettere intorno alla religione?”
Noi di seguito metteremo in evidenza l’errore che esiste nel pensiero di queste persone e dimostreremo la necessità di ricercare per conoscere la vera religione in due diversi modi, e cioè considerando quanto ci dice la nostra ragione riguardo alla necessità
1) di essere grati di ogni bene ricevuto,
2) e di prevenire ogni sorta di pericolo e danno, persino nel caso in cui questi non siano certi, ma solo possibili.
Valutiamo ora brevemente ognuna di queste due vie.
L’uomo ha il dovere d’essere grato al proprio benefattore
Noi tutti godiamo del possedere vitali cose come l’apparato digerente, quello respiratorio, il cuore e gli altri organi e apparati del nostro corpo. Ognuno di essi ha un valore maggiore di quello che è possibile immaginare e persino comprendere. Allo stesso modo la luce del sole, le piante, i minerali e le nascoste risorse nella terra, sono tutte cose assai utili che l’uomo può sfruttare servendosi del sapere e delle capacità che gli sono state donate.
Superiore a tutte le preziose cose di cui dispone l’uomo è l’intelligenza. Infatti, con essa può, ad esempio, ridurre in frantumi enormi monti, costruire dall’acqua e dal ferro i piú potenti mezzi e produrre i piú complessi meccanismi.
È ora opportuno porsi la seguente domanda: non è forse necessario ricercare e riflettere per scoprire se esiste un benefattore che ci fa tutti questi doni e, nel caso in cui si scopra che esiste, conformemente a quanto ci ordina la ragione, ringraziarlo per il bene da esso ricevuto?
Quando un uomo benevolo e gentile adotta un neonato orfano e lo cresce, lo educa, gli mette a disposizione i migliori insegnanti, i migliori libri, gli procura insomma ogni mezzo a lui necessario per crescere e svilupparsi, facilitandolo sotto ogni aspetto, ci chiediamo se questo figlio adottivo non ha forse il dovere di darsi da fare per conoscere il suo padre adottivo, di comprendere il suo valore, e di dimostrargli la sua gratitudine?
Analogamente, noi uomini abbiamo il dovere di conoscere il nostro Benefattore, il nostro Creatore e ringraziarlo per i beni e i favori che ci ha concesso.
È il nostro intelletto quindi che ci comanda di sforzarci per conoscere la giusta religione. Chi non ha ancora trovato la retta via, come prima cosa deve senza posa darsi da fare per trovare un utile argomento, una salda prova che gli permetta di trovare il sentiero della verità, la giusta religione. Quando poi raggiungerà la fonte della vita spirituale, quando arriverà alla vera religione, dovrà, con assoluta tranquillità d’animo, con straripante gioia interiore, ringraziare il proprio Creatore.
Il nostro intelletto giudica necessario prevenire i pericoli e danni che ci minacciano
Se un bambino vi dicesse che uno scorpione, o un qualsiasi altro insetto pericoloso, è penetrato nei vostri vestiti, li togliereste immediatamente e iniziereste a frugare attentamente tra essi per trovarlo o per assicurarvi che nessun pericolo vi minaccia. Se di notte avete deciso di mettervi in viaggio e qualcuno vi dice che un gruppo di banditi vi ha teso un agguato, senza dubbio non partireste se non prima di aver determinato un sentiero sicuro. Questi due esempi ci fanno comprendere che l’intelletto umano giudica necessario prevenire i pericoli. È pur possibile che alcuni danni siano esigui e vengano considerati trascurabili da alcune persone. Tuttavia, non si può trascurare i danni che minacciano la vita dell’uomo, che mettono in pericolo la sua esistenza.
Il danno piú pericoloso
Nella storia sono esistiti uomini noti per la loro sincerità e la loro rettitudine. Essi dicevano d’essere stati inviati da Dio ed esortavano la gente a credere in Dio e a compiere rette azioni. Per effetto dei loro sforzi e del loro costante lavoro, in tutto il mondo esistono persone che credono in loro; basti considerare che la nascita di Cristo segna l’inizio dell’era cristiana, mentre quella di
Muhammad è l’inizio dell’era islamica.
Le parole di questi profeti (che invitavano gli uomini a seguire la religione e a rispettare particolari precetti, che li mettevano in guardia dal giudizio di un sapiente ed equo giudice, che si preoccupavano dei grandi pericoli del Giorno del Giudizio, della durezza del castigo divino), nel farci sospettare dell’esistenza di un pericolo che ci minaccia, non hanno perlomeno pari peso di quelle di bambino? È forse possibile ignorare le parole e le rette azioni dei veri religiosi, che, per la loro fede, sono pronti a fare ogni sacrificio e ad andare persino incontro alla morte?
È chiaro che le parole dei casti profeti, anche nel caso in cui non convincano completamente, fanno perlomeno sorgere nella mente domande quali: “È possibile che dicano il vero. Se le loro parole dovessero corrispondere alla verità che cosa ne sarà di noi? Cosa risponderemo a Dio?”. È a questo punto che l’intelletto dell’uomo giudica necessario prevenire questo (perlomeno possibile) danno, inducendolo a riflettere e ricercare riguardo alla religione.
I profeti, oltre ad ammonire gli uomini, li invitavano ad avere una vita sana e umana e dicevano loro: “Dopo la morte una lieta e beata vita attende coloro che avranno eseguito i propri doveri. In essa vivranno in un altro mondo, nel quale avranno pace interiore, non s’ammaleranno mai, non saranno mai tristi, smarriti, agitati e non avranno mai paura”. La nostra ragione ci permette forse di ignorare tutte queste importanti notizie? Non dobbiamo forse valutare bene gli ammonimenti dei profeti e riflettere su quanto dice la religione?