I primi nove versetti della sura al-Baqarah

Alcuni esegeti hanno affermato che la sura al-Bara’ah sarebbe la continuazione della sura al-Anfal ed è questo il motivo per cui non vi è alcuna basmala all’inizio di essa. Comunque vi è anche un’altra ragione citata dai commentatori secondo la quale il tipo di concetti che compaiono nella sura non permette la presenza di “Bismillah ir-Rahman ir-Rahim” all’inizio di essa. Infatti è stato riportato che l’Imam ‘Ali (as) abbia detto: “Il ‘Bismillah ir-Rahman ir-Rahim’ viene menzionato per conferire la sicurezza e la misericordia ma la sura al-Bara’ah è stata rivelata per negare questa sicurezza e per affermare [la necessità del]la spada”. Comunque prima di recitare questa sura è meritorio recitare la seguente formula: “A’udhu billahi min al-nari wa min al-sharri al-kuffar wa min al-ghadabi al-Jabbar wa al-‘izzatu lillahi wa li rasulihi wa lil-mu’minin” che significa “Mi rifugio in Allah dal fuoco e dal male dei miscredenti e dalla rabbia del Costrittore. E sia onore ad Allah, al Suo profeta e ai credenti”. 1. Questa è una dissociazione da parte di Allah e del Suo messaggero contro gli idolatri con cui avevate stipulato un trattato Questa sura venne rivelata nel nono anno del calendario islamico ossia nove anni dopo l’emigrazione del Profeta (S) dalla città di Mecca. In quell’anno gli idoli presenti nei pressi della Ka’bah vennero tutti distrutti anche se gli idolatri continuavano ancora ad adempiere il loro pellegrinaggio annuale. Durante l’ottavo anno dopo l’Egira, il pellegrinaggio a Mecca venne compiuto sia dai credenti che dagli idolatri. Il nobile Profeta (S) non partecipò al pellegrinaggio svoltosi nell’ottavo anno né a quello svoltosi nel nono anno. Infatti egli era molto arrabbiato a causa di un episodio avvenuto davanti alla Casa di Allah di cui fu testimone in prima persona. Esisteva un’usanza diffusa tra gli idolatri che compievano il pellegrinaggio che consisteva nel donare i propri abiti ai poveri e compiere il pellegrinaggio nudi. L’origine di questa pratica non è probabilmente totalmente malvagia. Infatti è un fatto riconosciuto che il pellegrino debba vestirsi in maniera molto umile. L’uomo deve coprirsi con due pezzi di stoffa, uno superiore e l’altro inferiore, mentre alla donna non è richiesto nessun codice di abbigliamento specifico, accertato che le regole islamiche non vengano infrante. Questo però non vuol dire che ai pellegrini sia permesso di girovagare nudi e commettere oscenità pubbliche nel Masjid al-Haram. Quando il nobile Profeta (S) venne a sapere che una donna idolatra nota per la sua attraenza fece il pellegrinaggio senza vestiti, questi si rifiutò di tornare a Mecca fino tanto che non venne rivelata la sura al-Bara’ah e dato l’ordine di sgomberare definitivamente la Santa Ka’bah dagli idolatri. In occasione del pellegrinaggio del nono anno dopo l’Egira, vennero dichiarati pubblicamente a Mecca i primi versetti di questa sura. Il contenuto dichiarava che questo sarebbe stato l’ultimo anno per gli idolatri per compiere il pellegrinaggio; da allora in poi essi non avrebbero goduto più della protezione da parte dei credenti. 2. Viaggiate liberamente sulla terra per quattro mesi e sappiate che non rovinerete Allah ma Allah rovina i miscredenti Allah dette quattro mesi di tempo agli idolatri dopo l’hajj affinché questi avessero modo di ritornare sicuri nelle loro dimore e dalle rispettive famiglie. Secondo alcuni esegeti, a motivo del quinto versetto di questa sura, “quattro mesi” si riferirebbe ai “mesi sacri” di rajab, dhu al-qadah, dhu al-hijjah e muharram. Comunque tale opinione è debole e non è in accordo alle tradizioni trasmesse. Piuttosto i “quattro mesi” si riferiscono ai quattro mesi consecutivi a dhu al-hijjah. E’ importante notare il fatto che gli idolatri si erano impegnati in un patto di non belligeranza con il nobile Profeta (S) e questi non lo rispettarono. Ciò fu dunque uno dei principali motivi della rivelazione dei primi versetti di questa sura. Rompere un patto nell’Islam è uno dei peccati maggiori e si tratta di un’offesa senza paragoni. Il patto dei musulmani con gli idolatri era quello di vivere pacificamente gli uni con gli altri. Infrangere questo patto voleva dire entrare nuovamente in guerra. Nonostante ciò, Allah stipula un nuovo patto con gli idolatri concedendogli quattro mesi di protezione affinché potessero tornare sicuri a casa loro. Nella concezione della politica moderna, se si giunge al potere si può praticamente fare quello che si vuole ma nell’Islam non è così. Nell’Islam la politica è parte della fede e, anche con i propri nemici, si devono rispettare i patti. L’espressione “sappiate che non rovinerete Allah ma Allah rovina i miscredenti” è un’evidenza per provare che idolatria e miscredenza vengono considerati allo stesso livello al cospetto di Allah. Infatti il sacro Corano si riferisce agli idolatri non solo come politeisti ma anche miscredenti. Di conseguenza le regole di giurisprudenza quali l’impurità rituale (tahara) degli idolatri e l’impermissibilità di sposarsi con donne associatrici (2:221) si applicano anche ai miscredenti. Inoltre Allah dichiara che non è possibile per gli idolatri e i miscredenti fermare il messaggio islamico. Ciò fu reso manifesto durante la furiosa battaglia di Hunayn contro i Thaqif e gli Hawazin: le due tribù di idolatri più potenti della zona che persero infine la battaglia. Ancora una volta Allah dimostrò la Sua onnipotenza davanti agli occhi dei Suoi nemici. 3. Un annuncio da parte di Allah e del Suo messaggero alle genti nel giorno del grande pellegrinaggio [il quale dichiara] che Allah e il Suo messaggero si dissociano dai politeisti. Se vi pentirete sarà meglio per voi ma se volgerete le spalle sappiate che non rovinerete Allah e informa i miscredenti di un doloroso castigo L’espressione “Allah e il Suo messaggero si dissociano dai politeisti” pare essere una ripetizione del primo versetto ma tale opinine non è accurata. Infatti il primo versetto viene rivelato al nobile Profeta (S) e pronunciato per le genti di Medina. Questo versetto invece venne rivelato per esser pronunciato durante il pellegrinaggio a Mecca. Esistono varie opinioni riguardanti l’espressione “grande pellegrinaggio” (hajj al-akbar). Alcuni sapienti ritengono che quando il giorno del sacrificio (yawm al-nahr), il decimo di dhu al-hijja, coincide con il giorno del venerdì (yawm al-jumu’ah), questi è il giorno del grande pellegrinaggio. Altri sapienti invece affermano che si tratti del nono giorno di dhu al-hijja (yawm al-‘arafat) o del decimo (yawm al-nahr). Dato però che secondo le tradizioni l’annuncio venne letto in giorni e luoghi differenti, ciò potrebbe indurre a concludere che il grande pellegrinaggio si riferisca esclusivamente al pellegrinaggio del nono anno dopo l’Egira. Una volta uno studente dell’Imam ‘Ali (as) chiamato Abu al-Aswad al-Du’ali, mentre camminava, sentì una persona recitare il sacro Corano e quando giunse alla frase “Allah e il Suo messaggero si dissociano dai politeisti”, invece di leggere “Allahu Bari’un min al-mushrikina wa rasuluhu” recitò “Allahu Bari’un min al-mushrikina wa rasulihi” che significa “Allah si dissocia dai politeisti e dal Suo messaggero”. Abu al-Aswad al-Du’ali, preoccupato, lo riferì all’Imam ‘Ali (as). A quel tempo la calligrafia araba non possedeva nessun tipo di vocalizzazione e quindi la lettura del sacro Corano veniva facilmente messa a rischio da errori di pronuncia simili. Fu così che l’Imam ‘Ali (as) ordinò ad Abu Aswad al-Du’ali di porre dei segni di riconoscimento, sottoforma di punti, per le lettere del sacro Corano. In questo modo ebbe inizio il primo studio scientifico della grammatica araba. Secondo un numero assai elevato di tradizioni l’annuncio a Mecca venne trasmesso da ‘Ali Ibn Abi Talib (as). Tra i tradizionisti che hanno riportato questo evento vi sono al-Tabrisi nel “Majma’ al-Bayan”, al-Baladhuri, al-Tirmidhi, al-Waqidi, al-Suddi, Ibn Hanbal, al-Tha’labi, al-Sha’bi, Ibn Batta’, al-Qushayri, al-Qurtubi, Muhammad Ibn Ishaq e molti altri. Tra i compagni invece citiamo Ibn ‘Abbas, ‘Urwa Ibn Zubayr, Abu Rafi’, Anas Ibn Malik, Ibn ‘Umar, Abu Hurayra, eccetera. E’ stato riportato che il nobile Profeta (S) mandò Abu Bakr come “guida del pellegrinaggio” (amir al-hajj) e annunzio della nuova rivelazione profetica ma in un secondo momento Allah gli ordinò di inviare una persona più meritevole al suo posto. Ahmad ibn Hanbal ha riportato quanto segue: “Il Profeta lo inviò [ad Abu Bakr] con la sura al-Bara’ah alla gente di Mecca [per proclamare] che dopo questo anno nessun idolatra sarebbe stato accettato al pellegrinaggio, né avrebbe potuto circombulare [nudo] la Ka’bah, nessuno sarebbe entrato in Paradiso eccetto la persona musulmana, chiunque ha stipulato un patto con lui ed il Messaggero di Allah, questo resterà valido per un periodo specificato, e Allah ed il Suo Messaggero sono esenti da ogni obbligo nei confronti degli idolatri. Dopo un momento, egli disse ad ‘Ali:- Raggiungi Abu Bakr, rimandalo verso di me e proclama tu [la Surah ai Meccani]-. ‘Ali si comportò secondo le istruzioni e quando Abu Bakr ritornò dal Profeta si lamentò e disse:- O Messaggero di Allah, cos’è successo?-. Egli rispose: Non è avvenuto niente riguardo te che bene, mi è stato ordinato [da Allah] che questi [comandamenti] dovevano essere conferiti da me o da un uomo che proviene da me” (Musnad Ibn Hanbal, hadith n. 4) Da questo episodio possiamo dedurre alcune conclusioni importanti. Innanzitutto che Abu Bakr fosse una figura molto rispettata nella società del suo tempo altrimenti il nobile Profeta (S) non gli avrebbe mai permesso di fare la guida del pellegrinaggio di quell’anno. Comunque Allah dice: “un annuncio da parte di Allah”. Non si tratta dunque di un annuncio ordinario ma di un vero e proprio annuncio di portata divina il quale non può esser affidato ad una persona ordinaria seppur socialmente rispettata ed onorata. Piuttosto un annuncio del genere deve essere affidato ad una persona di rango elevato non agli occhi delle genti ma agli occhi di Allah. Tutto ciò dimostra che Abu Bakr non possedeva la stessa stazione di ‘Ali (as) e che il nobile Profeta (S) ne fosse cosciente. Il fatto di aver inviato prima Abu Bakr potrebbe indurre a pensare che egli avesse voluto dire qualcosa ai credenti e metterli in guardia circa le vicende future della comunità islamica. Comunque anche se supponessimo che questo non fosse il caso, non si tratterebbe certo di un peccato o di un errore da parte del nobile Profeta. Ibn Kathir afferma che inviare uno stretto parente onde pronunciare un messaggio da parte di un clan ad un altro fosse un’usanza tribale araba. Ciò però non è accurato da un punto di vista islamico poiché il nobile Profeta (S) non avrebbe considerato questo costume, mentre Allah, preoccupato delle usanze culturali arabe glielo avrebbe ricordato. Inoltre, se questo fosse il caso, perché il nobile Profeta (S) avrebbe inviato un giovane come ‘Ali (as) e non uno degli esperti anziani della sua famiglia? In una tradizione l’Imam ‘Ali (as) dichiara: “Io sono il nunzio [mu’adhdhin] di questo mondo e dell’altro”. Il sacro Corano allude a questa posizione dell’Imam ‘Ali (as) nel seguente versetto: “I compagni del paradiso chiameranno i compagni dell’inferno [dicendo]:- Abbiamo riscontrato che ciò promesso dal nostro Signore è verità. Avete voi riscontrato che ciò promesso dal vostro Signore è verità?- Essi diranno:- Si-. Poi un nunzio [mu’adhdhin] dira loro:- Che la maledizione di Allah sia sugli ingiusti!-” (al-A’raf:44) Un altro punto degno della nostra attenzione in questo versetto è l’espressione: “ma se volgerete le spalle sappiate che non rovinerete Allah”. In questo passaggio Allah menziona Sé stesso intendendo il nobile Profeta (S). Il significato nascosto in questi termini è quello di “califfo di Allah” (khalifatullah). Il califfo di Allah è il vero Imam. Ciò viene menzionato più volte nel sacro Corano e nelle tradizioni laddove Allah dice di agire attraverso il Suo califfo. Quindi è necessario per il califfo esser privo di qualsiasi desiderio carnale affinché ogni sua azione venga protratta non per amore del proprio ego bensì per amore di Allah. Il califfo di Allah, l’Imam esente da ogni sorta di bramosia personale, non fa mai quello che vuole lui, ma compie soltanto quello che vuole Allah, gloria a Lui l’Altissimo. 4. Eccetto gli idolatri con cui avete stipulato un patto e non hanno violato nessun termine con voi, né sobillato nessuno contro di voi. Quindi mantieni il patto con essi fino alla fine del termine. Invero Allah ama i timorati Nel primo versetto di questa sura abbiamo detto che il messaggio da parte di Allah e del nobile Profeta includeva la fine della protezione concessa dai credenti agli idolatri poiché questi ultimi avevano infranto il patto stipulato tra essi. Vi sono due categorie di idolatri ai quali non venne più garantita alcuna protezione: a coloro che avevano attaccato i credenti e a coloro che avevano venduto armi ad altri onde combattere la comunità islamica. Comunque nel versetto in discussione Allah non include coloro che che non hanno infranto le regole del patto originale tra coloro che hanno perso la protezione dei musulmani. Come abbiamo già detto durante l’analisi del secondo versetto di questa sura, nell’Islam incombe su ogni individuo mantenere un patto. Non ha importanza se questo patto è stato stipulato tra musulmani o con idolatri, miscredenti o nemici. Fintanto che il musulmano ha accettato di mantenere un patto, questi deve rispettarlo. Uno dei tanti aspetti che differenziano la religione musulmana da quella ebraica è proprio quello del rispetto di un patto fatto anche con il nemico o l’appartenente ad un altro credo. Infatti la religione ebraica non conferisce nessun vero e proprio obbligo agli ebrei nei confronti dei non-ebrei. Nell’espressione “Allah ama i timorati”, per timorati si intendono “coloro che rispettano i propri doveri” tra i credenti. 5. Poi quando i mesi sacri sono passati uccidi gli idolatri dovunque li trovi, catturateli, assaliteli e tendete loro agguati ma se si pentono, adempiono alla salat e donano la zakat lasciali andare. Invero Allah è Perdonatore e Misericordioso Abbiamo tradotto “ashur al-hurum” con “mesi sacri” ma come si è detto durante l’analisi del secondo versetto di questa sura per “mesi sacri” si intendono i quattro mesi in seguito a dhu al-hijjah. Una tradizione più accurata dell’espressione sarebbe “mesi in cui uccidere è proibito [haram]”. I detrattori moderni dei musulmani e i nemici dell’Islam fanno spesso riferimento a questa sura al fine di provare l’intolleranza e la crudeltà della religione divina nei confronti degli altri. Ciò che si deve comprendere è il contesto in cui i versetti che stiamo analizzando vennero rivelati e che i toni usati non possono essere differenti da quelli di una dichiarazione di guerra. Infatti si tratta proprio di una dichiarazione di guerra e non è possibile pretendere di avere toni diversi da quelli utilizzati. Estrapolare questo passaggio al di fuori del proprio contesto significa manipolarlo per scopi personali e ciò non può portarci ad una visione oggettiva del messaggio coranico. Ovviamente, quella in discussione non è una guerra per il potere o per il denaro ed è per questo motivo che viene detto che se i nemici si pentono, pregano e pagano la tassa dovuta, la guerra avrà fine e non vi sarà più ostilità. Nessuna persona si sarebbe mai immaginata che il nobile Profeta (S) avrebbe trattato gli idolatri in maniera tale, rispettando i patti (vedi versetto 9:4) e facendone di nuovi (vedi il versetto 9:2). Quando il nobile Profeta (S) conquistò Mecca disse: “Il sangue che è sgorgato durante l’era pre-Islamica [jahiliyyah] è sotto ai miei piedi [non mi vendicherò per esso]”. Una dichiarazione simile per gli arabi di quell’epoca, abituati esclusivamente alla legge di “occhio per occhio, dente per dente”, fu sorprendente. Prima della rivelazione coranica in Arabia non esistevano i concetti di verità (haqq) e falsità (batil). Il concetto che vigeva era quello di combattere per la propria famiglia, sia essa dalla parte del torto o della ragione. Questo è il motivo per cui alcuni credono che Abu Talib sostenesse la causa del nobile Profeta (S) ma morì da miscredente. In realtà Abu Talib non era un miscredente ma molte tradizioni vennero fabbricate durante il califfato degli Ommaiadi a suo discapito al fine di disonorare la famiglia dell’Imam ‘Ali (as). Durante tale periodo l’Imam ‘Ali (as) veniva addirittura maledetto dalle autorità al potere. Nel Sahih Muslim è riportato quanto segue: “Un uomo della famiglia di Marwan venne nominato governatore di Medina. Questi fece chiamare Sahl Ibn Sa’d e gli ordinò di offendere di ‘Ali. Sahl si rifiutò. Allora [il governatore] gli disse:- Se non sei d’accordo dì almeno ‘Che Allah maledica Abu Turab’-” (Sahih Muslim, capitolo sui meriti di ‘Ali, hadith 2409) In realtà ‘Ali (as) e Abu Talib erano dei credenti che combattevano per l’affermazione della verità. L’Islam ripudia il concetto di guerra tribale e promuove ogni sforzo possibile per il raggiungimento della verità e della giustizia. Di conseguenza, non appena il nemico si pente sinceramente, anche se ciò avviene in mezzo al campo di battaglia, si deve accettare il suo pentimento e presentarlo alla comunità come un nuovo fratello. 6. Se uno degli idolatri ti chiede asilo concediglielo fino a che senta la parola di Allah. Poi portalo in un luogo sicuro. Questo perché è gente che non sa Prima dell’annuncio e della “dichiarazione di guerra” contro gli idolatri era permesso andare a Mecca in occasione del pellegrinaggio ma dopo il “grande pellegrinaggio” questo non fu più possibile. Comunque Allah non voleva fermare la diffusione del messaggio islamico di liberazione e salvezza. Ci doveva pur essere un “meccanismo” che permettesse alle genti di ascoltare la parola di Allah.. Questo versetto garantì la protezione agli idolatri che volevano informarsi sulla religione dell’Islam. Ad essi venne concesso di risiedere nei pressi di Mecca al fine di ampliare la loro conoscenza in materia religiosa. Alla fine l’individuo poteva scegliere se rimanere un idolatra o abbracciare la religione dell’Islam. Se decideva di rimanere un idolatra doveva anche decidere se la sua intenzione fosse quella di continuare a combattere l’Islam oppure no. Se decideva di voler combattere la comunità islamica, ai credenti era ordinato di accompagnarlo fuori dalla città e “portarlo in un luogo sicuro”. Quello di accompagnare un nemico tra la sua gente, anche dopo aver dichiarato le proprie intenzioni malvagie, è sicuramente il più alto criterio di moralità che un uomo possa avere. Nel versetto in discussione compare il termine “istijarah”. Per “istijarah” si intende la protezione politica e militare. Di conseguenza, ogni musulmano che abbia fatto del male ad un idolatra a cui è stata concessa l’istijarah è punibile dall’autorità islamica stabilita. Questa opportunità venne concessa agli idolatri perché molti di essi erano degli ignoranti. Infatti non è corretto credere che tutti gli idolatri fossero gente spietata e cattiva seppur le loro abitudini potrebbero far pensare ad una tale teoria. Allah ci dice che fra essi vi era chi non sapeva niente dell’Islam, dell’etica islamica e di come un uomo dovesse vivere e per questo motivo doveva essere guidato. Sorge qui il problema di chi dovesse e potesse guidare le genti verso la retta via. Infatti se il messaggio islamico viene presentato in maniera distorta, di conseguenza anche il suo destinatario ne riceverà un’interpretazione distorta ed errata. Le uniche persone che possono veramente guidare le genti verso la verità sono i profeti (anbiya’), gli Imam, le persone veritiere (siddiqin) ed i pii devoti (salihin) di Allah. Dire di agire in nome dell’Islam e comportarsi in maniera contraria ad esso è una grossa vergogna e invero si tratta di ipocrisia. 7. Come potrebbe esserci un patto valido con Allah e il Suo messaggero per gli idolatri eccetto coloro con cui hai stipulato un patto presso il Masjid al-Haram. Fintanto che si impegnano con te, tu impegnati con loro. Invero Allah ama i timorati In seguito alla conquista di Mecca possiamo classificare gli idolatri nelle tre seguenti categorie: coloro che hanno stipulato un patto con il nobile Profeta (S) ed hanno rotto il patto, coloro che hanno stipulato un patto dichiarando di non voler diventare musulmani ma, allo stesso tempo, di non voler combattere contro di loro e coloro che non hanno stipulato nessun tipo di patto. La prima parte di questo versetto si riferisce all’ultimo gruppo di idolatri e dichiara che il nobile Profeta (S) non garantì per loro alcuna protezione e che può attaccarli in qualsiasi momento. Questi idolatri mentirono dicendo al nobile Profeta (S) di avere un patto con lui quando invece così non era. Infatti il nobile Profeta (S) stipulò un patto solo con gli idolatri presenti presso il Masjid al-Haram. La seconda parte del versetto invece garantisce nuovamente la protezione nei confronti di coloro che avevano stipulato il patto con il nobile Profeta (S) senza cercare di ingannare la comunità dei credenti. Infine Allah ribadisce che Egli ama i “timorati” intendendo “chi rispetta i propri doveri” tra coloro che credono. 8. Come è che se essi hanno la meglio su di voi, non rispettano i legami di parentela e nemmeno i patti? Essi vi soddisfano con le loro bocche mentre i loro cuori rinnegano e la maggior parte di essi sono trasgressori Alcuni orientalisti hanno affermato che il jihad in quanto lotta territoriale venne istituzionalizzato dal nobile Profeta (S) affinché lo spirito guerriero degli arabi si indirizzasse al di fuori della propria area di appartenenza. Secondo questi orientalisti un arabo di quel tempo non poteva vivere senza combattere a motivo delle circostanze storiche e contestuali in cui viveva. Per questo motivo prima dell’avvento dell’Islam le guerre tribali erano molto diffuse. Quello che avrebbe fatto il nobile Profeta (S) sarebbe stata quindi l’unificazione delle varie tribù affinché gli arabi non combattessero più guerre interne ma si unissero per un’unica causa comune al di fuori del loro territorio. Questo versetto dimostra chiaramente che tale ipotesi sia assolutamente errata e un prodotto di pura fantasia. Esso infatti cerca di preparare i musulmani per l’inevitabile guerra anche se erano riluttanti. I musulmani non volevano entrare nuovamente in guerra adesso che avevano trovato una stabilità, alcune tribù avevano legato con altre a causa di matrimoni (l’Islam infatti scoraggiò fortemente il tribalismo presente durante il periodo della jahiliyyah), eccetera. Allah dice che quando fa comodo agli idolatri, questi parlano gentilmente ai credenti sebbene nei loro cuori siano ancora perversi. Il sacro Corano vuole mettere in guardia i musulmani dalle lusinghe dei miscredenti affinché non vengano ingannati e trascinati nella perdizione. Anche per questo motivo li esorta nuovamente a combattere. 9. Essi hanno venduto a vil prezzo i segni di Allah e prevenuto [le gente] dalla sua via. Invero quello che hanno fatto è [mera] malvagità Al pari del versetto precedente, questo versetto mette in guardia i credenti dai pericoli che si celano dietro agli idolatri. Esso dice che gli idolatri “hanno venduto a vil prezzo i segni di Allah”. Tale espressione nel sacro Corano è in genere riferita agli ebrei mentre raramente compare in riferimento agli idolatri. Infatti gli idolatri non avevano nessun libro da poter essere considerato un “segno (ayah) di Allah”. Comunque il sacro Corano venne recitato dal nobile Profeta (S) anche per loro e quindi viene detto che hanno “venduto al vil prezzo i segni [o i versetti] di Allah”. La società idolatra del tempo era suddivisa in tre categorie: le guide politiche, i maghi e le persone ordinarie. L’espressione citata si riferisce certamente alle prime due senza includere la terza. Infatti le persone ordinarie sono coloro la cui via verso la verità è stata ostacolata. E’ interessante notare di come fosse presente una componente spirituale e sovrannaturale anche nella società idolatra attraverso la presenza dei maghi. Questo significa che non tutti i poteri sovrannaturali sono divini bensì si dividono in buoni e cattivi, leciti e illeciti, benefici e dannosi per lo spirito. Una domanda che sorge a questo punto è: quale sarebbe la via che questi maghi avrebbero prevenuto alle genti ordinarie? L’espressione “prevenire la via” (saddu al-sabil) non si riferisce esclusivamente ad una situazione spazio-temporale. Ogni individuo è un viaggiatore alla ricerca della sua destinazione, di quella stazione che Allah ha prescritto per l’essere umano. Questo viaggio non è soltanto materiale ma è fondamentalmente spirituale. I musulmani sono esortati a combattere quegli elementi e quelle persone, siano essi materiali o spirituali, che pongono ostacoli in questo cammino. Non si tratta di mera politica ma di un vero e proprio argomento religioso. Tale sforzo e lotta e ciò che viene definito “jihad”. Comunque nessuno conosce il regno spirituale bene quanto il nobile Profeta (S) e gli Imam dopo di lui. Per questo motivo è detto che il jihad può essere dichiarato soltanto da uno di essi o comunque da un’autorità religiosa qualificata e competente. Ogni altra forma di resistenza, sia essa lecita o illecita, non è vero jihad. Senza dubbio, la guerra contro gli idolatri dichiarata dal nobile Profeta (S), nel contesto di questi versetti, è vero jihad ed ha un riscontro reale nella sfera spirituale. A cura di Islamshia.org © E' autorizzata la riproduzione citando la fonte