Quinta parte: come la superbia e l'ipocrisia rovinano le buone opere

Nel nome di Dio, il Clemente, il Misericordioso. Amici ed appassionati di religione islamica, anche oggi siamo con voi per parlare di parabole e metafore del Corano. Nella puntata vi parleremo di quelle che riguardano l'aiuto ai bisognosi e soprattutto il fatto che la superbia, da parte di chi dona, può distruggere l'esito positivo della sua donazione. Il Signore l'Altissimo nel verso 264 della sura della Giovenca, la seconda del Corano, ricorda: O voi che credete, non vanificate le vostre elemosine con rimproveri e vessazioni, come quello che dà per mostrarsi alla gente e non crede in Allah e nell'Ultimo Giorno. Egli è come una roccia ricoperta di polvere sulla quale si rovescia un acquazzone e la lascia nuda. Essi non avranno nessun vantaggio dalle loro azioni. Allah non guida il popolo dei miscredenti. Considerate un grande pezzo di pietra sulla quale vi si e' formato uno strato di terra molto fine. Visto da fuori, uno potrebbe credere che la profondità della terra sia tanta visto che da fuori non si vede la pietra che vi e' al di sotto. Un agricoltore inesperto potrebbe coltivare questa terra nella speranza di trarne un raccolto. Poi all'improvviso potrebbe arrivare una pioggia torrenziale che potrebbe letteralmente spazzare via lo strato di terra non troppo profondo, lasciando solo la pietra nuda. Questa e' la parabola che il Corano usa per farci capire quale sia la situazione di chi aiuta i bisognosi ma lo fa' non per amore di Dio ma solo per mettersi in mostra. Il cuore della persona vanitosa e' come la pietra nella quale non si può coltivare il seme dell'amore e della spiritualità e quindi l'elemosina fatta da chi e' superbo o vanaglorioso e' come il seme piantato nello strato fine di terra sopra la roccia. Proprio come la pioggia però spazza via la terra e ciò che vi era seminato, nel giorno del Giudizio l'effetto dell'elemosina di una persona tale verrà annullato ed egli non coglierà nulla dato che non aveva seminato sin dall'inizio in maniera corretta. *** La conclusione che si può trarre e' che la persona fedele deve donare ai bisognosi per l'amore di Dio e non con l'obbiettivo di mettersi in mostra e senza superbia, senza cioè umiliare e infastidire la persona che riceve l'aiuto. Una persona andò dall'Imam Javad (la pace sìa con lui) con grande felicità. L'Imam gli chiese il perchè. Lui rispose: "O figlio del messaggero di Dio. Il vostro nobile padre disse che il giorno più felice della vita e' quello in cui Dio ti dia modo di fare del bene e di aiutare i bisognosi. Oggi ero in casa quando i poveri sono venuti a bussare da me. Grazie al cielo sono riuscito ad esaudire le richieste di quelle dieci persone. Per questo ritengo questo giorno un giorno felice per me". L'Imam Javad(la pace sia con lui), sorrise e rispose: "Sì, giuro sulla mia esistenza che e' giusto che oggi tu sia così felice, a patto che tu non distrugga la tua bontà ne ora ne in futuro dato che il Signore afferma: O voi che credete, non vanificate le vostre elemosine con rimproveri e vessazioni (...) In altre parole la vanità, e' una trappola di Satana per quel gruppo che non pecca davanti a tutti ma lo fa di nascosto. Questa gente non ha assaporato la soddisfazione ed il compiacimento della preghiera, delle buone azioni e del vero legame con Dio e pertanto va alla ricerca dell'elogio della gente; ciò la spinge a fare cose vistose che portino le persone ad ammirarle. Purtroppo tale modo di fare allontana sempre più queste persone dalle frontiere della moralità e le avvicina sempre più al mondo del peccato. Queste persone invece di porre Dio al centro di tutto pongono il loro ego al centro di ogni cosa ed invece di monoteiste andrebbero chiamate egoteiste. *** Quando si decide di aiutare i bisognosi e' necessario ricordarsi che e' di importanza fondamentale preservare la loro personalità dato che la personalità, la reputazione e la dignità di un musulmano e' importante più di ogni altra cosa. Il profeta dell'Islam affermava che la reputazione del credente e' ancor più sacra della Mecca. Per questo motivo non bisogna mai umiliare la personalità della persona povera quando le si dona qualcosa; se si agisce in questo modo, tanto meglio non donare affatto. Nel versetto 262 della sura della Giovenca leggiamo: Quelli che con i loro beni sono generosi per la causa di Allah, senza far seguire il bene da rimproveri e vessazioni, avranno la loro ricompensa presso il loro Signore, non avranno nulla da temere e non saranno afflitti. Rumi, un grande religioso e istruttore del Corano della sua epoca ed uno dei maggiori poeti classici della tradizione persiana ricorda: Elemosina non e' bruciare il derviscio o accecare chi attende il tuo aiuto Rumi per "bruciare il derviscio" o "accecare il povero" intende umiliarlo con la propria superbia. In realtà i veri benefattori sono coloro che donano solo per l'amore di Dio e che si sentono responsabili nei confronti dei bisognosi della loro società. Un giorno Alì Ibne Abitaleb (la pace sìa con lui) divise tra i poveri una grande quantità di datteri. Ordinò pure di portare a casa di un tale una cospicua quantità di datteri; quel tale era bisognoso ma per dignità non chiedeva mai nulla a nessuno. Una persona chiese ad Alì perchè avesse mandato ad una persona così altezzosa da non chiedere nulla degli aiuti. In più chiese perchè a quella persona Alì stava mandando cinque volte di più degli altri. L'Imam (la pace sìa con lui) rispose: "Che Dio non aumenti il numero di persone come te tra i musulmani; sono io che dono e sei tu che fai l'avaro. E tranne ciò, se io dovessi donare solo a coloro che me lo hanno chiesto, non avrei donato nulla, ma avrei solo restituito loro il valore di quella parte della loro reputazione che hanno svenduto chiedendomi qualcosa...Perciò quello che io chiamo donazione in realtà non e' tale, e' solo scambio; io ho solo dato merce a chi ha svenduto parte della sua reputazione chiedendomi aiuto". a cura di Davood Abbasi Radio Italia IRIB